Solo papa Francesco poteva permettersi un giudizio così chiaro dicendo quello che nessun giornale nazionale e internazionale avrebbe avuto il coraggio e l’acume di dire
“Ho appeso al sangue le popolazioni (…)
ho spinto rotto e sepolto
gli inermi della terra” (Caino di M. Gualtieri)1
Solo papa Francesco poteva permettersi un giudizio così chiaro dicendo quello che nessun giornale nazionale e internazionale avrebbe avuto il coraggio e l’acume di dire. Nella conversazione con i giovani studenti italiani impegnati nel Coordinamento degli Enti locali per la pace, sabato 6 maggio, papa Francesco ha ribadito che “Il mondo è in guerra”, ma ha aggiunto di essersi “vergognato del nome di una bomba: ‘La madre di tutte le bombe’. Perché “la mamma dà vita! E questa dà morte! E diciamo ‘mamma’ a quell’apparecchio? Che cosa sta succedendo?”.
Che il mondo sia in guerra è ormai argomento quotidiano. Un rapido sguardo alla cronaca estera ci fa pensare che Donald Trump abbia spostato la Casa Bianca da Washington a Hollywood, confermando l’impressione che il mondo sia diventato un enorme palcoscenico, un unico grande film di guerra da ovest a est, da Pechino a Washinton, passando per Mosca o Pyongyang, nessuno escluso.
Al papa però non è sfuggito il fatto che quella “terza guerra mondiale a pezzi” combattuta in Siria, Iraq, Yemen e non solo, inquina anche le nostre case, spesso teatro di violenza. Per questo ha invitato i ragazzi ad essere miti, ad evitare la tentazione delle chiacchiere, perché sono come il “terrorismo”, distruggono le persone. Meglio “mordersi la lingua” – ha suggerito Francesco – prima di sparlare degli altri. Il papa si è anche soffermato sul traffico di armi e di droga, sul lavoro nero e lo sfruttamento dei bambini, denunciando ancora una volta che al centro di tutto non c’è la persona ma il denaro. “Che cosa sta succedendo?”, dunque, ha chiesto il papa.
Nel suo conversare ha toccato molti temi disparati eppure legati da un filo rosso. Ciò che infatti accomuna eventi di natura bellica con il commercio di droga o la piaga del lavoro nero, con la violenza verbale o lo sfruttamento di minori, è quello di “oggettivare la gente” – ha detto papa Francesco. Come se avessimo su tutto e su tutti un potere di vita e di morte. Sui campi di battaglia siriani, iracheni, yemeniti, somali, libici, come sui campi di battaglia domestici, ordinari, della porta accanto. Un potere di vita e di morte che ci autorizza a collaudare la “madre di tutte le bombe”, come fosse un “diritto” (sempre in casa d’altri) o un evento cinematografico, fieri poi di non aver causato “collateral damage”. Titolava bene Avvenire, “Donald Trump lancia in Afghanistan e sui media la superbomba contro il Daesh”, a suggerire il risvolto mediatico dell’evento.
Sul “che cosa sta succedendo” c’è una strana sintonia tra il papa e il più laico dei filosofi del momento, Umberto Galimberti. A proposito del nazismo, e di ogni forma di potere assoluto, Galimberti sottolinea che il suo elemento tragico “non risiede tanto nella sua ferocia e nella sua crudeltà (…) ma nell’oggettivazione dell’uomo, nella sua riduzione allo statuto di cosa (…)”.2 È questo dunque il pensiero che soggiace ad ogni operazione bellica, commercio d’armi o droga, speculazione finanziaria o atto di violenza contro chicchessia, dai tempi di Caino fino ad oggi.
Il papa si è occupato anche del bombardamento di ospedali, scuole. Se prima poteva essere considerato un errore, ora non ci si fa più caso. Si bombarda con tanta facilità ovunque anche se “è un ospedale, una scuola, ci sono i malati, i bambini!’ – ‘Ah, non importa!’, e va la bomba”. Non ci facciamo più caso, in preda come siamo a quella generale assuefazione – ha scritto Pierluigi Battista sulle pagine del Corriere – fatta di “piccole disattenzioni, attenuazioni lessicali, autocensure, dimenticanze collettive, reticenze, ipocrisie individuali”.
Al papa non sfugge che c’è un guerra a pezzi anche nella sua versione addomesticata e commerciale, che è il potere del mercato. “Si sfruttano le persone quando vengono pagate in nero, – ha detto – quando ti fanno il contratto di lavoro da settembre a maggio, poi due mesi senza e così non c’è continuità, e poi ricomincia a settembre: questo si chiama distruzione, questo si chiama – noi cattolici lo chiamiamo peccato mortale, lo sfruttamento”. Nell’ambito del mercato infatti il potere spesso interviene con operazioni finanziarie, condizionando l’economia di interi paesi, comprando o, al contrario, scartando, emarginando, eliminando. Si comprano e si vendono quelle nazioni come la Siria, l’Iraq, la Libia, lo Yemen, dove si sta combattendo una guerra per procura e si fanno accadere alcune cose per autorizzarne altre; si comprano e si vendono migliaia di esseri umani con il mercato della tratta che trae profitto dai flussi migratori generati dalle guerre stesse; si fa compravendita di donne e uteri, e di bambini come prodotti, “oggettivati” direbbe Francesco. Anche commerci più nobili e “divertenti”, penso al mondo del pallone, sono mossi dalle stesse logiche affaristiche. Non a caso il massiccio ingresso della Cina nel calcio italiano non è per amore dello sport nazionale, ma è comandato dalle logiche di mercato.3 Anche per il controllo del mercato mondiale delle scommesse.
“Oggettivare la gente” ha detto Francesco. Ma se questo oggi tocca l’uomo su tutti i fronti, bellici e non, è perché già da tempo ha toccato Dio. Che “Dio è morto” lo dicono tutti anche al mercato!4 Ma ciò che non si dice sono le domande che Nietzsche fa derivare da questa ovvietà e cioè “che razza di uomini dovremmo essere per farcela a vivere senza Dio?” e “che razza di uomini devono essere coloro che pensano di aver ucciso Dio?”. Sono queste le domande che i più evadono. Le domande sull’uomo, la sua vita, il suo destino e il senso del suo stare al mondo: uccidere, scommettere, affittare uteri, comprare e (s)vendere amori, affetti, compagni, armi, medicine … Per un profitto sempre più alto. Ci chiediamo però anche il contraro e cioè “che razza di Dio deve essere quello che in molte parti del mondo sembra volere la morte dell’uomo?”. Non certo il Dio vivente ma qualcosa d’altro, ormai oggettivato dalla perversione degli uomini.
1 M. GUALTIERI, Caino, Torino 2011, 13.
2 U. GALIMBERTI, La casa di Psiche, Milano 2009, 416.
3 Si legga il numero monografico Il potere del calcio, LIMES 5/2016.
4 Cfr. M. Cacciari su Nietzsche, in https://www.youtube.com/watch?v=FUCEXW7oPWk