In un nuovo libro dell’editrice Emi due interventi inediti del teologo gesuita belga pronunciati nel 1999 al Seminario del Pime di Monza sul tema caldissimo della teologia delle religioni, allora al centro dell’indagine della Congregazione per la dottrina della fede sulla sua opera. E ancora attualissimo
È arrivato in libreria quest’estate per l’editrice Emi il volume «Alle frontiere del dialogo. Religioni, chiesa e salvezza dei popoli» (pagine 112, euro 13) che raccoglie due testi inediti di padre Jacques Dupuis, il gesuita belga – teologo e alungo missionario in India – che alla fine degli anni Novanta fu autore di una riflessione molto audace sul tema del rapporto tra le diverse religioni e la salvezza in Gesù Cristo. Un tema che fece molto discutere nella Chiesa, anche per via di un’indagine aperta dalla Congregazione per la Dottrina della fede sul libro «Verso una teologia cristian del pluralismo religioso» in cui padre Dupuis esponeva le conclusioni della sua riflessione. La vicenda si sarebbe poi conclusa nel 2001 con una della Notificazione del dicastero vaticano che avrebbe chiuso la contestazione con un pronunciamento che riconosceva sì «il tentativo dell’autore di rimanere nei limiti dell’ortodossia», ma nello stesso tempo metteva in guardia su una serie di «notevoli ambiguità e difficoltà su punti dottrinali di rilevante portata» contenuti nel libro. L’anno dopo, poi, sarebbe arrivata la morte improvvisa di padre Dupuis, rendendo impossibili ulteriori sviluppi. Da allora questo tema è rimasto poco esplorato, nonostante la questione del rapporto tra le religioni appaia ogni giorno più attuale.
Per questo appare utile riprendere in mano riprendere in mano il pensiero di padre Dupuis. E i due contrivuti pubblicati nel nuovo libro della Emi – due conferenze pronunciate al Seminario del Pime di Monza all’inizio del 1999 – possono rappresentare due sintesi molto efficaci. Dal libro pubblichiamo qui sotto un brano dell’introduzione, firmata da Giorgio Bernardelli, giornalista di Mondo e Missione.
———————————————
Il 3 febbraio 1999 Jacques Dupuis intervenne alla Settimana di studi sul dialogo tra le religioni organizzata dal Seminario teologico del Pime a Monza. Una lezione finora rimasta inedita e che, insieme a un successivo articolo scritto per il numero del secondo semestre 1999 di Ad gentes (l’allora rivista italiana di teologia e antropologia della missione), viene pubblicata in questo libro.
Vale la pena di sottolineare il contesto missionario di entrambi questi testi, tra loro strettamente collegati. Non si può capire davvero padre Dupuis se non si parte dall’esperienza personale da lui vissuta per trentasei anni (tra il 1948 e il 1984) come missionario in India, a contatto diretto con una grande tradizione religiosa estranea alla radice abramitica come è l’induismo. Raccontava di considerare una grazia personale aver vissuto da teologo in India, padre Dupuis; una terra che aveva voluto anche percorrere per duemila chilometri su una motocicletta, quando da Kurseong, nell’estremo nord del Paese, la sua facoltà teologica si era trasferita a New Delhi negli anni Settanta. Un viaggio in qualche modo simbolico dei mille incontri attraverso i quali in lui si era rafforzata un’idea che anche in queste pagine emerge come il cuore della sua riflessione teologica sulle religioni: la convinzione che Dio abbia cercato gli uomini in modi diversi lungo l’intera storia dell’umanità. E – dunque – il bisogno profondo di indagare un incontro possibile tra una fede piena in Gesù Cristo – professato come unico e universale salvatore del mondo – e gli «elementi di verità e di grazia» presenti nelle altre tradizioni religiose, intesi anch’essi come manifestazioni dell’unico disegno divino di salvezza.
Dentro a queste coordinate si capisce anche l’interesse del Seminario teologico del Pime per padre Dupuis. Seminario che a Monza fin dal 1965 aveva aperto le porte all’internazionalità, accogliendo studenti provenienti proprio dall’India (dove i missionari dell’istituto sono presenti dal 1855) e da altri Paesi. A Monza, dunque, il teologo giocava in qualche modo in casa, parlando in un contesto dove il rapporto tra l’annuncio di Gesù Cristo come unico salvatore del mondo e il mistero della presenza delle altre religioni non era una questione puramente teorica ma una sfida quotidiana posta dalla missione.
Quel giorno a Monza padre Dupuis tenne due relazioni distinte. La prima – intitolata «Dire Gesù Cristo nel pluralismo religioso di oggi» – è il primo testo che qui proponiamo. Che – quel 3 febbraio 1999 – prosegui con una seconda riflessione, dedicata alle conseguenze ecclesiologiche: una volta riletta in questo modo la cristologia, come doveva essere declinata la missione della Chiesa nel pluralismo religioso di oggi? Lo stesso tema, però, venne ulteriormente approfondito da padre Dupuis poche settimane dopo nell’articolo di Ad gentes intitolato «Il regno di Dio e la missione evangelizzatrice della Chiesa», che pare una versione rivista e ampliata dello schema di quella conferenza. Per questo motivo abbiamo scelto di pubblicare qui la seconda versione, anziché il testo dell’esposizione proposta a Monza.
Visti insieme i due interventi offrono una sintesi efficace del pensiero di padre Dupuis sui nodi centrali della sua teologia delle religioni: la rilevanza inedita assunta dal tema del pluralismo religioso a partire dalla fine del XX secolo, la distanza della sua impostazione da un teocentrismo pluralista, l’irrinunciabilità dell’evento Gesù Cristo come cuore della storia della salvezza, la presenza dello Spirito Santo negli elementi di verità ritrovati nelle altre tradizioni religiose. E poi le conseguenze di tutto questo sulla Chiesa e sul modo di pensare la missione: il rapporto tra il regno di Dio e la Chiesa, la domanda su quale statuto riconoscere alla salvezza fuori dalla Chiesa. Fino alla prospettiva conclusiva di una Chiesa serva e povera come segno credibile del Regno.
In una digressione a margine del suo intervento a Monza padre Dupuis scherzava su Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso, sostenendo che si trattava di «un libro troppo grosso per essere letto» e quindi ne stava riassumendo i tratti essenziali. Col senno di poi sappiamo che in quella battuta non c’era solo una nota di autoironia. La sua principale linea difensiva di fronte alle contestazioni della Congregazione per la dottrina della fede fu proprio l’obiezione che molte frasi a lui attribuite non corrispondevano a una lettura corretta di quanto aveva effettivamente scritto.
Anche alla luce di questo i testi che proponiamo diventano preziosi: riassumono in una forma estremamente chiara quanto padre Dupuis riteneva fondamentale comunicare a chi, come lui, viveva la frontiera dell’annuncio missionario in un mondo segnato dal pluralismo religioso. E a ormai vent’anni di distanza – e in un contesto in cui questa sfida anche in Occidente si fa ogni giorno più concreta – possono diventare un ottimo punto di partenza per riscoprire il suo pensiero.