Skip to main content

I frutti maturi della Misericordia

L’EDITORIALE
L’eredità più significativa dell’Anno della Misericordia: il coraggio di muoversi, di fare il primo passo, perché la riconciliazione con Dio e con gli altri, dalle piccole cose ai grandi scenari internazionali, non può attendere che tutto sia ben pianificato e condiviso.
  Il 20 novembre Papa Francesco chiude l’Anno giubilare della Misericordia. Impossibile dire quanti vi abbiano partecipato. Questa volta non c’era bisogno di andare a Roma per ottenere l’indulgenza. Porte Sante ce n’erano ovunque nel mondo e la questione centrale del Giubileo è diventata ora la conversione e la ricerca della riconciliazione personale e comunitaria, persino politica e sociale. Le iniziative sono state tante e spesso originali. Il vescovo Luciano Capelli – solo per fare un esempio – ha “inventato” nelle lontane Isole Salomone la Porta Santa “mobile”, che ha viaggiato via mare attraverso le isole del Pacifico per i fedeli che non potevano raggiungere la cattedrale diocesana. Arduo quindi azzardare una stima dei “frutti “ del Giubileo. Da molte parti si segnala un rilancio del sacramento della confessione, come racconta padre Luigi Bonalumi da Hong Kong (cfr. pp. 16-17). L’esercizio giubilare ha quindi coinvolto la parte più intima della persona, il suo rapporto con Dio e la propria coscienza. La linea pastorale e l’insegnamento di Francesco ne escono rafforzati. Non si tratta tanto di ribadire in continuazione dei principi e tanto meno di pronunciare giudizi, ma di accompagnare le persone, partendo dalla loro situazione concreta e anzitutto dalle loro fragilità. Il ritorno a Dio, per quanto faticoso e graduale, è più evangelico dell’esclusione e dell’emarginazione come peccatore irrecuperabile. L’Anno della Misericordia e l’approccio del Papa hanno prodotto frutti anche in contesti di conflitto. La Porta Santa aperta da Francesco in Repubblica Centrafricana ha significato un’attenzione speciale per uno dei Paesi più travagliati e dimenticati al mondo – testimoniata anche dalla nomina a cardinale dell’arcivescovo di Bangui Dieudonné Nzapalainga – nonché un impulso decisivo e visibile alla pacificazione del Paese. Il 7 ottobre, il Premio Nobel 2016 per la Pace è stato conferito al presidente della Colombia Juan Manuel Santos per aver (quasi) portato a termine l’accordo con le Forze armate rivoluzionarie (Farc). Nel frattempo Stati Uniti e Cuba si sono riconciliati. Il 12 febbraio a L’Avana ha avuto luogo lo storico incontro con il patriarca di Mosca Kirill dopo secoli di conflitti, seguito da quello con il patriarca di Georgia il 30 settembre. E questo per nominare solo alcune delle iniziative di pace e dialogo fortemente sostenute dalla Santa Sede. Tutte iniziative in parte lodate e in parte criticate. Ma potrebbe essere proprio questa l’eredità più significativa dell’Anno della Misericordia: il coraggio di muoversi, di fare il primo passo, perché la riconciliazione con Dio e con gli altri, dalle piccole cose ai grandi scenari internazionali, non può attendere che tutto sia ben pianificato e condiviso. Cominciamo a parlarci, così prima o poi ci capiremo, sembra dire Francesco. Cominciamo a camminare insieme anche a piccoli passi, perché è solo sul traguardo – vicino o lontano non sappiamo – che abbracceremo insieme il Signore della storia.

Articoli correlati

Messico: violenze contro la Chiesa

Icona decorativa14 Febbraio 2025
Icona decorativaNicola Nicoletti
Il Report realizzato dal Centro cattolico multimediale mostra come in alcune regioni e città «la violenza ha raggiunt…

Matteo Ricci, una storia sempre attuale

Icona decorativa16 Novembre 2024
Icona decorativaGianni Criveller
Venerdì 15 novembre un convegno, dal titolo “Matteo Ricci, un’eredità di amicizia, di dialogo e di pace”, presso l’Un…

L’omicidio di padre Marcelo Perez: «Un simbolo di resistenza per le comunità povere»

Icona decorativa23 Ottobre 2024
Icona decorativaNicola Nicoletti
«Ha difeso la dignità, i diritti dei popoli e la costruzione di una pace vera». Così il cardinale Felipe Arizmendi Es…