«Io, missionario della misericordia in Oceania»

«Io, missionario della misericordia in Oceania»

Padre Shanthi Chakko Puthussery, missionario del Pime di origine indiana, che ha ricevuto da papa Francesco il mandato come missionario della misericordia per la Papua Nuova Guinea: «La gente delle nostre comunità ha bisogno di sentirsi amata, accolta, valorizzata e perdonata. Soprattutto i giovani»

 

Padre Shanthi Chakko Puthussery del Pime, indiano, da quindici anni impegnato in Papua Nuova Guinea e Isole Salomone e da cinque responsabile della pastorale giovanile per la Conferenza episcopale dei due paesi, insieme a padre Christian Sieland, della diocesi di Kundiawa, è uno dei due “missionari della misericordia” incaricati da Papa Francesco per quell’area del Pacifico. L’abbiamo incontrato il giorno stesso in cui riparte da Roma con le sue nuove facoltà di rimettere i peccati “riservati alla Santa Sede”.

Shanthi, dove vai a cominciare?

Da settimana prossima inizierò a percorrere la diocesi di Kerema partendo dalle montagne ad ovest di Lae fino giù al mare dello stretto di Torres a nord dell’Australia. Bisogna farlo a piedi per un mese e mezzo circa, perché non ci sono strade né piste di atterraggio per piccoli aerei. La notte di Pasqua sarò in cattedrale. Il vescovo non c’è da tre anni dopo la morte prematura di mons. Patrick Taval. I preti sono rimasti solo in due. È una zona molto vasta con una quindicina di missioni e molti villaggi isolati. In alcuni posti da anni non c’è un prete per le confessioni. È certamente una delle diocesi più povere del mondo sia come mezzi che come personale pastorale. Naturalmente a Kerema non mi occuperò solo del caso specifico di “peccati riservati alla Santa Sede”.

Ne approfitto per chiederti di chiarire di che peccati si tratta.

Essenzialmente la profanazione delle specie eucaristiche, la violenza fisica contro il Papa, l’assoluzione del complice in un peccato contro il sesto comandamento, la violazione diretta del sigillo sacramentale, cioè del segreto della confessione. Il Papa e mons. Rino Fisichella, suo più stretto collaboratore per l’anno della misericordia, ci hanno spiegato che l’interpretazione delle definizioni canoniche deve essere “larga”. Il peccato di “violenza fisica contro il romano pontefice” (can 1370), rarissimo di per sé a verificarsi, per esempio, può indurre i fedeli a riconoscere anche peccati simili, come il semplice disprezzo della persona del Papa o il rifiuto pubblico e presuntuoso del suo insegnamento fino a scandalizzare e disorientare i fedeli. Non si tratta forse di atteggiamenti a volte presenti addirittura in alcuni preti e docenti di teologia? La critica costruttiva del magistero è ammessa, ci è stato spiegato, il disprezzo della persona del Papa e dei suoi insegnamenti non giova a nulla e danneggia la Chiesa.

Ti limiterai ad applicare ed assolvere persone che si presentano spontaneamente?

La richiesta della confessione è sempre una iniziativa libera e personale. L’idea però è che i vescovi sensibilizzino i loro preti, i religiosi e i fedeli a questa possibilità ed invitino pubblicamente il missionario della misericordia ad esercitare il suo ministero nella diocesi spiegandone la funzione e le facoltà. Ho già delle richieste per alcune diocesi. La Chiesa è un popolo di pellegrini, peccatori sulla strada della conversione, ha bisogno di essere umile e riconoscere i suoi peccati compresi quelli, magari rari ma non inesistenti, per cui l’assoluzione è riservata alla Santa Sede e quest’anno ai missionari della misericordia.

L’anno della misericordia sarà di aiuto alle Chiese del Pacifico?

Posso parlare solo per i due paesi in cui lavoro e per l’Australia dove sono vissuto e ho fatto degli studi per alcuni anni e ho molti contatti. I problemi non mancano a cominciare dalla scelta dei vescovi, sempre molto difficile a causa del numero esiguo di preti, dei problemi che attraversano e del sacrificio che l’impegno richiede. Poi c’è la condizione di abbandono, di povertà e di disorientamento dei giovani sia nelle aree rurali che urbane. Disoccupazione, alcolismo, pornografia, gravidanze precoci… I governi e le agenzie internazionali pensano di risolvere o contenere tutto con la contraccezione di massa, ma l’impatto dei loro investimenti è minimo e non modifica i comportamenti e la disciplina personale, vera chiave di soluzione dei problemi. La Chiesa cattolica, ma anche le altre Chiese storiche fanno fatica a parlare ai giovani, che si sentono sempre più attratti dal carattere più accogliente e festoso delle comunità evangeliche e pentecostali. L’anno della misericordia deve riportare il clero e la leadership ecclesiale in mezzo alla gente. La gente delle nostre comunità ha bisogno di sentirsi amata, accolta, valorizzata e perdonata. Soprattutto i giovani. Altrimenti cercano altre guide e altri pastori. Ma noi con Pietro dovremmo solo poter dire, “Signore da chi andremo, tu hai parole di vita eterna” (Gv 6,68).