Durante l’incontro interreligioso oggi a Dacca, papa Francesco ha incoraggiato a coltivare la cultura del dialogo e dell’incontro, nel rispetto di ogni persona e del suo credo religioso. L’arcivescovo Rozario ha citato i profughi Rohingya.
«L’apertura del cuore è la condizione per una cultura dell’incontro». Ed è «una porta, non una teoria astratta, ma esperienza vissuta». Lo ha detto oggi papa Francesco nel suo discorso a Dacca, in Bangladesh, durante l’incontro con i rappresentanti della comunità buddista, indu e musulmana, al quale hanno partecipato anche 18 profughi Rohingya.
Il Papa ha invitato a cooperare alla costruzione di una «cultura dell’incontro». «Ciò – ha spiegato – va al di là della mera tolleranza». È la spinta a «tendere una mano all’altro», per costruire l’unità nella diversità, vedendola come «potenziale fonte di arricchimento e crescita». Soprattutto il Papa ha incoraggiato a «coltivare l’apertura del cuore, in modo di vedere gli altri come via, e non come ostacolo».
Ha usato immagini concrete e significative, papa Francesco, dicendo che l’apertura del cuore, condizione per una cultura dell’incontro è «una porta, non è un’idea astratta, ma un’esperienza vissuta. Ci permette di intraprendere un dialogo di vita, non semplicemente un scambio di idee. Richiede buona volontà e accoglienza, ma non deve essere confusa con la reticenza ad esprimere le proprie convinzioni più profonde». Francesco ha invitato a «condividere le diversità religiose e culturali con umiltà, onestà e rispetto».
Il Papa ha paragonato questa apertura del cuore a «una scala che raggiunge l’assoluto», richiamando la dimensione trascendente di ogni fede religiosa e la «necessità di purificare il cuore per vedere le cose da una prospettiva più vera». A partire da una visuale più chiara, valorizzando «gli altri e il loro punto di vista, troveremo la saggezza per tendere a tutti la mano dell’amicizia».
Con un’altra immagine, ha parlato della «sollecitudine religiosa per il bene del nostro prossimo», come un «grande fiume» che scorre «contro l’odio, la corruzione, la povertà e la violenza che danneggiano la vita umana».
All’incontro interreligioso, che si è aperto alle 17 (le 12 in Italia) presso l’arcivescovado di Dacca, il Papa è arrivato in risciò, il mezzo di trasporto tradizionale e ancora usatissimo nella capitale del Bangladesh.
Dopo le danze tradizionali e gli inni, l’incontro si è aperto con il saluto del cardinale di Dacca Patrick D’Rozario e di cinque rappresentanti delle comunità religiose – musulmana, hindu, buddista, cattolica – e della società civile. Il vescovo D’Rozario ha citato esplicitamente la condizione dei profughi Rohingya chiedendo alla società bengalese di «aprire il cuore a coloro che hanno più bisogno e in particolare ai profughi Rohingya» e ricordando «la grande tradizione di armonia e rispetto reciproco fra persone di diverso credo religioso» del Bangladesh.