Il teologo domenicano: «La fede in Gesù scardina ogni fondamentalismo, perché noi cerchiamo una verità che si trova sempre oltre le nostre parole. Non a caso ci avviciniamo a questa verità attraverso quattro Vangeli, non uno solo». Mercoledì 24 alle 21 l’incontro al Pime di Milano
«Molte persone in Europa si avvicinano ai partiti populisti o alle sette fondamentaliste perché si sentono lasciate indietro. Non hanno voce né futuro. Sono solo numeri nelle statistiche». In un contesto come questo i cristiani sono chiamati a vedere anche in queste persone il proprio prossimo da amare, ma anche a smontare a partire dal Vangelo gli assunti di questa cultura fondamentalista, fondata sulla «globalizzazione della superficialità».
Già Maestro generale dei domenicani, padre Timothy Radcliffe vive oggi nella comunità che il suo ordine ha all’interno dell’Università di Oxford. È uno degli intellettuali cattolici più noti in tutto il mondo, ma anche un predicatore brillante che non si tira indietro di fronte alle domande poste dall’attualità. Come appunta questa: in un mondo dove i fondamentalismi dilagano e i populismi contrabbandano il consenso come verità, che cosa vuol dire per un cristiano testimoniare la propria fede?
È esattamente su questo tema che padre Timothy Radcliffe, teologo domenicano inglese di fama internazionale, interverrà a Milano nella serata che mercoledì 24 ottobre alle 21 lo vedrà ospite del Centro missionario Pime di via Mosé Bianchi 94 per l’ultimo degli incontri dell’ottobre missionario 2018. L’evento si inserisce in una serie di conferenze che in questi giorni sta tenendo in diverse città italiane su iniziativa dell’editrice Emi in occasione dell’uscita del libro Alla radice la libertà. I paradossi del cristianesimo.
«Il fondamentalismo permea tutta la modernità – spiega padre Radcliffe in un’intervista rilasciata a Mondo e Missione alla vigilia di questo appuntamento -. Si tratta di quella tendenza a vedere ogni cosa con lo sguardo riduttivo di un unico punto di vista, guidati da una maniera sola e semplice di descrivere il mondo. Il fondamentalismo scientifico pretende che l’unica verità sia quella della scienza; il fondamentalismo economico guarda agli esseri umani come se fossimo solo consumatori o venditori; e poi ci sono il fondamentalismo nazionalista, quello religioso… Sono tutti sintomi della stessa spinta a cercare di descrivere la realtà nei termini di una singola prospettiva. Forse oggi il populismo – che è un’altra forma di fondamentalismo, di tipo politico – è il volto più pericoloso in Europa perché è rapido nell’identificare gli stranieri come pericoli. Ma la fede in Gesù scardina ogni fondamentalismo, perché noi cerchiamo una verità che si trova sempre oltre le nostre parole. Non a caso ci avviciniamo a questa verità attraverso quattro Vangeli, non uno solo. Abbiamo bisogno della poesia e dell’arte per guardare dentro al mistero».
Nell’intervista a Mondo e Missione il teologo domenicano parla anche del Sinodo dei giovani: «Spero che il Sinodo consegni ai giovani una grande sfida, quella di seguire Cristo – spiega -. Il cristianesimo non è una religione facile e tranquilla: ci invita ad assumere dei rischi. Un altro dei miei confratelli, padre Herbert McCabe, ama dire: “Se ami sarai ferito e potrai anche morire. Ma se non ami sei già morto”. La nostra società ha paura di rischiare. Siamo diventati timidi. Spero che il Sinodo invece incoraggi i giovani a fare qualcosa di folle per Cristo».
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