Santoro: così pregava un martire

Santoro: così pregava un martire

 IL LIBRO
«Un fiore dal deserto» raccoglie alcune preghiere scritto sul suo diario da don Andrea Santoro, il sacerdote fidei donum ucciso nel febbraio 2006 in Turchia. «Prendimi tutto, Signore. Solo se sono tuo potrò essere degli altri», scriveva. E così è stato

 

Martiri non ci si improvvisa. All’estrema donazione di sé si può arrivare solo se, lungo la vita, si è coltivato pazientemente e tenacemente, un’apertura radicale alle esigenze del Vangelo.

È la prima, immediata e forte impressione che si ricava leggendo le preghiere di don Andrea Santoro raccolte in “Un fiore dal deserto”, pubblicato dalle Edizioni San Paolo. Prete fidei donum della diocesi di Roma, don Santoro è stato assassinato a Trabzon, in Turchia nel febbraio 2006.

«Eccomi, fa’ di me quello che vuoi. Se posso esserti utile, eccomi. Diventa me, che io diventi te. Insegnami a morire, aiutami a morire. Desidero te e niente altro. Aiutami a desiderare solo Te per gli altri e gli altri per te». Così don Andrea scrive, ad esempio, in quella che possiamo considerare una preghiera “profetica”, scritta il 19 febbraio 1995 ossia ben 11 anni prima del suo estremo sacrificio.

E ancora, il 15 marzo 1981: «Prendimi tutto, Signore. Solo se sono tuo potrò essere degli altri. Insegnami, Signore, ad ascoltarti e a seguirti. Signore, dammi un popolo, anche se per esso dovessi morire. Signore, benedici tutti i popoli della terra anche se per questo dovessi farmi maledetto, fuggiasco, perseguitato e calunniato sulla faccia della terra».

Il nome di don Santoro è balzato agli onori della cronaca all’indomani della sua tragica uccisione. Ma chi l’ha conosciuto, negli anni di ministero sacerdotale in varie parrocchie di Roma, ne ha potuto apprezzare l’energia e la profondità spirituale, di cui “Un fiore dal deserto” rappresenta una viva testimonianza.

Le preghiere raccolte nel volume sono prese dai diari di don Santoro, che egli ha scritto durante i numerosi pellegrinaggi compiuti, in Italia e all’estero visitando monasteri e “luoghi santi” dove meditava la Parola di Dio, i Padri della Chiesa e le vite dei Santi. Contribuiscono, quindi, in maniera significativa a ricostruire l’originale itinerario spirituale di un uomo che non ha fatto distinzioni fra il suo essere pastore nelle parrocchie dell’Urbe e il testimoniare Cristo in mezzo al “piccolo gregge” della Chiesa turca.

Come scrive il cardinale Gianfranco Ravasi nella prefazione,«il simbolo del fiore che spunta a sorpresa in un terreno morto com’è il deserto – adottato dal titolo di questa raccolta – è l’emblema perfetto per rappresentare la testimonianza di una vita il cui programma è tutto racchiuso in questo distico luminoso: “Rallegrarmi per un fiore / piuttosto che disperarmi per un inverno”».

A dieci anni dalla scomparsa di don Andrea Santoro, la diocesi di Roma ricorda la figura di questo suo presbitero con una serie di incontri ed eventi, che si susseguiranno a partire dal prossimo 29 novembre (dal 2006 ogni anno è stato ricordato don Santoro nella memoria liturgica di Sant’Andrea Apostolo) a tutto il corso del 2016.

Momenti di riflessione e preghiera, ma anche occasioni di testimonianza per dare voce a chi lo ha conosciuto nello svolgimento del suo ministero sacerdotale e ha vissuto il suo essere pastore: viceparroco e parroco nelle comunità romane (1970-2000) fino alla sua presenza in Anatolia (11 settembre 2000 – 5 febbraio 2006).

Dalle testimonianze emergeranno molti particolari della sua vita: la sua carità, la ricerca degli ultimi (la “periferia” di cui parla oggi papa Francesco), il suo vissuto di preghiera e adorazione, la sua passione per i Pellegrinaggi in Terra Santa, il suo amore per la Turchia (“Terra Santa degli Apostoli”), la sua spiritualità interconfessionale e interreligiosa aperta al dialogo confidente tra le confessioni cristiane e le religioni che si rifanno ad Abramo come padre nella fede. Lo sforzo, in questo decimo anniversario del suo sacrificio, è quello di far emergere la fisionomia globale di don Andrea Santoro: il suo essere Pastore sempre e ovunque verso il gregge man mano a lui affidato.

A dare il via a questi momenti di ricordo, di preghiera e condivisione sarà l’evento di domenica 29 novembre alle ore 17,30 con un incontro di riflessione sulla Preghiera in don Andrea guidata dal cardinale Beniamino Stella, Prefetto della Congregazione del Clero. La riflessione verrà introdotta da mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma e vice presidente dell’associazione “Don Andrea Santoro”. Seguirà alle 19 la concelebrazione eucaristica, presieduta dal card. Stella.

Qualche ulteriore “assaggio” dalla citata raccolta di preghiere. Nel 1995 nell’Eremo del Getsemani, don Andrea compone questa breve ma intensa preghiera: « Grazie, Signore, per la tua croce, per non essere disceso dalla croce e avere così salvato me. Mi offro a te, Signore, per essere con te sulla Croce e salvare gli altri, il mio gregge».

Infine, a proposito del suo essere pastore, don Santoro scrive in una lontana pagina di diario (1978, allora aveva 33 anni): «Fuggire quando viene il lupo, cioè la crisi, l’abbattimento, il dubbio, la difficoltà, la persecuzione o qualunque altra cosa. Mai: il buon pastore non lo fa, è sposato con le sue pecore, è legato ad esse, è familiare non più straniero, il loro nome è impresso sul suo cuore, sulle sue mani. E le pecore di fuori, di un altro ovile. Pure quelle… Tutto il mondo è un ovile, non ci sono steccati, ovunque egli è mandato, dalle pecore smarrite, dalle pecore del piano o del monte, della città, della campagna. Signore mettimi dentro tutte queste cose: che io ti scopra Pastore, che io abbia il tuo animo di pastore. Pecora di un tale pastore, mandato alle altre pecore a immagine di questo pastore».