Papa Francesco ha firmato il decreto con il quale riconosce le virtù eroiche del cardinale vietnamita tenuto per sei anni in carcere in isolamento dalle autorità comuniste dopo la caduta di Saigon nel 1975. In una sua preghiera il segreto di una vita cristiana vissuta in pienezza anche nel tempo della prova
Papa Francesco ha autorizzato oggi la promulgazione di alcuni nuovi decreti della Congregazione per le cause dei santi. Tra questi spicca il riconoscimento dell’eroicità delle virtù per il cardinale vietnamita Francoise Nguyen Van Thuan (1928-2002), che compie così il primo passo verso la beatificazione, con il titolo di venerabile. Van Thuan fu vescovo ai tempi della guerra e per tredici anni fu detenuto dalle autorità comuniste dopo la caduta di Saigon nel 1975, per i primi nove anni in una condizione di isolamento completo. Liberato nel 1988 fu trasferito a Roma dove divenne poi presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e fu creato cardinale da Giovanni Paolo II (clicca qui per leggere un suo profilo completo).
Del cardinale Van Thuan resta nella memoria la testimonianza bellissima che – proprio vent’anni fa, nel 1997 – affidò ai giovani attraverso il libro «Cinque pani e due pesci», pagine nelle quali ha raccontato la sua vita spirituale in carcere e le sue Messe clebrate di nascosto con le briciole di pane e qualche goccia d’acqua e di vino con il palmo della mano come calice. Dal volume è tratta anche la preghiera che pubblichiamo qui sotto, scritta da van Thuan proprio durante la prigionia.
Gesù amatissimo,
questa sera, in fondo alla mia cella,
senza luce, senza finestra, caldissima,
penso con fortissima nostalgia alla mia vita pastorale.
Otto anni da vescovo, in questa residenza,
a soltanto due chilometri dalla mia cella di prigionia,
sulla stessa strada, sulla stessa spiaggia…
Sento le onde del Pacifico, le campane della cattedrale.
– Una volta celebravo con patena e calice dorati,
ora il tuo sangue nel palmo della mia mano.
– Una volta percorrevo il mondo per conferenze e raduni,
ora sono recluso in una cella stretta, senza finestra.
– Una volta andavo a visitarti nel tabernacolo,
ora ti porto, giorno e notte, con me nella tasca.
– Una volta celebravo la messa davanti a migliaia di fedeli,
ora nell’ oscurità della notte, passando la comunione sotto le zanzariere.
– Una volta predicavo gli esercizi spirituali ai preti, ai religiosi, ai laici…
ora un prete, anche lui prigioniero, mi predica gli Esercizi di sant’Ignazio attraverso le crepe del legno.
– Una volta impartivo la benedizione solenne con il Santissimo nella cattedrale,
ora faccio l’adorazione eucaristica ogni sera alle 21, in silenzio, cantando sottovoce il Tantum Ergo, la Salve Regina, e concludendo con questa breve preghiera: «Signore, ora sono contento di accettare tutto dalle tue mani: tutte le tristezze, le sofferenze, le angosce, persino la mia morte. Amen ».
Sono felice, qui, in questa cella,
dove sulla stuoia di paglia ammuffita crescono funghi bianchi,
perché tu sei con me,
perché tu vuoi che viva qui con te.
Ho parlato molto nella mia vita,
adesso non parlo più.
È il tuo turno, Gesù, di parlarmi.
Ti ascolto: che cosa mi hai sussurrato?
È un sogno?
Tu non mi parli del passato, del presente,
non mi parli delle mie sofferenze, angosce…
Tu mi parli dei tuoi progetti, della mia missione.
Allora canto la tua misericordia,
nell’oscurità, nella mia fragilità, nel mio annientamento.
Accetto la mia croce
e la pianto, con le mie due mani, nel mio cuore.
Se tu mi permettessi di scegliere, non cambierei
perché tu sei con me!
Non ho più paura, ho capito,
ti seguo nella tua passione
e nella tua risurrezione
Nell’isolamento,
prigione di Phú Khánh (Centro Viet Nam),
7 ottobre 1976,
Festa del santo Rosario