Nella città cinese dove è partita l’epidemia del Coronavirus – nonostante i tentativi di ritorno alla normalità – le chiese anche a Pasqua probabilmente ormai resteranno chiuse. «Ma i fedeli – racconta un cattolico locale – condividono tra loro sui social il programma delle celebrazioni dei riti della Settimana Santa in Vaticano per pregare con il Papa. Perché, come insegna continuamente la storia, una strada alla fine spunta sempre a sorprenderci tutti»
Da giorni vediamo le immagini del faticoso ritorno alla normalità di Wuhan, la città cinese da dove ormai mesi fa è partita l’epidemia del Coronavirus che affligge oggi il mondo intero. L’altro giorno è finita ufficialmente la quarantena con il resto della Cina, con la riapertura delle strade. Ma non tutto riapre in queste ore. E tra i luoghi che rimangono ancora chiusi ci sono le chiese.
A raccontarlo con molta delicatezza è un testimone oculare, un cattolico di Wuhan, che da settimane sta tenendo un diario rilanciato dall’agenzia di informazione cattolica britannica Independent Catholic News. Da gennaio ad oggi ha scritto dieci lettere in cui ha aiutato i lettori a conoscere la vita e le storie della comunità cattolica di Wuhan. Su questo sito l’avevamo già citato nelle prime settimane dell’emergenza, quando ci aveva consegnato la storia di Yan Cheng, un bambino affetto da paralisi cerebrale morto per colpa della quarantena. Ma nelle settimane successive l’anonimo testimone dal capoluogo dell’Hubei è andato avanti a raccontare le sue storie: da quella delle suore di Nostra Signora di Hanyang, che vivono proprio davanti a uno dei principali ospedali dei pazienti Covid-19 e passano le giornate a pregare per loro, a quella della chiesa della Sacra Famiglia, dove abitualmente si celebravano le Messe in inglese e in francese per i tanti stranieri che vivevano a Wuhan.
Ieri, dunque, Independent Catholic News ha pubblicato un altro di questi racconti in cui l’amico da Wuhan fa il punto della situazione. E nella parte conclusiva racconta proprio come i cattolici locali si stanno preparando a vivere la Pasqua: «Durante le ultime due settimane – ricorda – i nuovi casi di Covid-19 sono scesi a un numero molto piccolo in Cina. Nel contempo c’è un forte livello di consapevolezza sul fatto che molte altre nazioni stanno affrontando sfide impegnative nella risposta al coronavirus. Le industrie cinesi ora sono cruciali nel fornire indumenti protettivi ed equipaggiamenti che costituiscono una parte essenziale degli sforzi internazionali per contenere il virus, un impegno che il Paese prende molto seriamente».
«La settimana scorsa – prosegue – alcuni trasporti pubblici hanno ripreso il servizio a Wuhan anche se la gente rimane cauta nell’uscire di casa. Alla fine di questa settimana Wuhan probabilmente sarà connessa con il resto del Paese con treni e strade (è quanto già avvenuto l’altro giorno ndr). Per alcuni la riapertura delle chiese in città per Pasqua sembrava una possibilità. Invece adesso sembra molto improbabile, anche se le chiese in alcune parti del Paese sono state riaperte».
«Una volta ancora dobbiamo avere pazienza – commenta l’amico a Wuhan -. Come fedeli pellegrini i cattolici in questa parte della Cina stanno pregando pregando per conto loro ogni giorno della Settimana Santa. Andare in chiesa non è una possibilità a Wuhan. Tuttavia, con l’aiuto della radio e di internet molti si stanno già collegando con le celebrazioni liturgiche in altre parti della Cina. E dallo scorso weekend sui social media circolano i messaggi che diffondono in cinese il programma delle celebrazioni della Settimana Santa in Vaticano. Questa settimana, dunque, alcuni cattolici di Wuhan uniranno la propria preghiera a quella di Papa Francesco, accompagnandolo nella celebrazione della vita, morte e resurrezione di Gesù. Come la storia ci insegna continuamente, una strada adatta e significativa, diretta o indiretta, alla fine spunta sempre a sorprenderci tutti».
Le chiese che restano chiuse e la risposta dei cattolici di Wuhan diventa una comunione ancora più profonda con il Papa. Anche questo è un segno prezioso, sulla stessa lunghezza d’onda delle mascherine inviate in Vaticano dalla Cina da Jinde Charities.
A questa storia mi permetto di aggiungere anche un altro dato di fatto a mio avviso importante: Hankou – ribattezzata dal regime comunista Wuhan – è una delle tante sedi episcopali vacanti in Cina. Sono morti da tempo sia il vescovo «ufficiale» Bernardino Dong Guangqing – il primo in assoluto in Cina ad essere consacrato nel 1958 senza l’approvazione di Roma – sia il vescovo «clandestino» Odorico Liu Hede. Due francescani divisi dalla tempesta, ma poi riconciliatisi tra loro come raccontava due anni fa padre Angelo Lazzarotto, in questo articolo pubblicato da Avvenire. Uniti al punto che Dong Guangqing aprì le porte del seminario all’anziano confratello e presiedette personalmente il suo funerale nel 2001. Anche lui poi è scomparso nel 2007 e da allora i cattolici di Wuhan non hanno un vescovo.
Proprio all’inizio dell’emergenza Coronavirus – il 14 febbraio, a margine di una importante conferenza internazionale – per la prima volta in assoluto il segretario per i rapporti con gli Stati del Vaticano, mons. Richard Gallagher, ha incontrato il ministro degli Esteri cinese Wang Yi. In quell’incontro – come recita il comunicato ufficiale diffuso dal governo cinese e dalla Santa Sede – «si è evidenziata l’importanza dell’Accordo Provvisorio sulla nomina dei vescovi, firmato il 22 settembre 2018, rinnovando altresì la volontà di proseguire il dialogo istituzionale a livello bilaterale per favorire la vita della Chiesa cattolica e il bene del Popolo cinese». Una frase interpretata come volontà di arrivare ad altre nomine di vescovi in Cina, prolungando l’Accordo oltre la scadenza dell’autunno 2020.
Viene quindi da chiedersi: potrà arrivare presto il giorno di un vescovo anche ad Hankou/Wuhan? Sarebbe un segno importante di riconciliazione per tutto il mondo che ha tanto bisogno di andare oltre le sue barriere dopo quest’esperienza terribile del Coronavirus. Ma anche un gesto di vicinanza a una comunità cristiana che ha tanto sofferto e vuole poter rinascere in questa Pasqua sulle rive dello Yangtze.
Nella foto: la cattedrale di San Giuseppe ad Hankou/Wuhan