Li chiamano «Pipa» è anche oggi a San Paolo sono l’immagine della vita, nonostante tutto. Anche se la realtà del Covid 19 si fa sempre più dura. E uno studio che arriva da Washington dice che il Brasile potrebbe superare gli stessi Stati Uniti per numero di vittime
Se credete che in Brasile lo sport nazionale sia il calcio, vi sbagliate di grosso. Pipa. Ovvero, aquilone. Questo è il vero sport nazionale, che accomuna tutti, grandi e piccini, ricchi e poveri, uomini e donne. Nel periodo delle ferie scolastiche i cieli di San Paolo sono solcati da centinaia di migliaia di aquiloni, perché qui un po’ di vento soffia sempre. E lo stesso avviene in queste ultime settimane, un po’ perché per molti la quarantena somiglia molto a una vacanza.
Si vedono soprattutto il pomeriggio, lassù, in cielo. Giù, in basso, è tutto un “corri corri” per cercare di guadagnare spazio e di innalzare ancora di più il proprio aquilone. Ci giocano tutti, davvero tutti: bambini piccoli, ragazzini, adulti, donne. Hanno in mano bobine con centinaia di metri di filo, lo sguardo fisso in cielo.
È sport nazionale soprattutto nelle aree più povere della città. Anche perché nei quartieri più ricchi, in mezzo ai grattacieli alti trenta piani, sarebbe difficile far volare un aquilone. Ma in periferia, tutto cambia. Ci sono giornate di vere e proprie gare, come ci hanno più volte raccontato i bambini della Conosco. Gli aquiloni costano poco e sono il passatempo prediletto soprattutto in favela. Sopra le baracche, nelle ultime due settimane in cui il clima a San Paolo è stato decisamente estivo, se ne vedevano a dozzine.
A guardarli un po’ ci si perde. Con mia figlia Matilde ogni tanto li rincorriamo con lo sguardo. Un aquilone in favela è ancora più bello. Ha un non sappiamo che di poetico. Vola alto, cerca di sfuggire a quello che c’è là sotto. È il filo con cui i più piccoli sognano e i più grandi tornano bambini e si dimenticano dei problemi. Tutti, cercano in cielo lo spazio che gli manca sulla terra. È l’immagine di quel tentativo di fuga, di evasione, che resta nell’aria per qualche minuto e poi, purtroppo, quando cessa il vento svanisce, oppure cade perché i fili si aggrovigliano, come le vite di chi prova a governarli.
Gli aquiloni sulle favelas di San Paolo sono l’immagine della vita. Anche noi, appesi a questi fili, in questa quarantena lunga e difficile, ci lasciamo trasportare un po’ in alto, un po’ oltre. E sognamo.
Intanto la realtà resta tristemente dura. A metà giugno il Brasile ha superato il Regno Unito per numero di morti da Covid-19, piazzandosi al secondo posto della classifica mondiale con 41.828 decessi, alle spalle degli Usa. Proprio dagli States arriva una notizia che ha messo in guardia molti: uno studio dell’istituto di metrica dell’Università di Washington ha confermato che il picco pandemico in Brasile non è ancora stato raggiunto e che se nulla dovesse cambiare in merito alle misure restrittive, il punto più alto della crisi sanitaria si avrà il 29 luglio. In quel giorno, secondo il modello matematico usato dalla Casa Bianca per monitorare i dati sulla pandemia, si potrebbero arrivare a contare oltre 4mila morti e quella data segnerebbe il sorpasso del Brasile sugli Usa per numero totale di decessi dovuti al coronavirus.
Modelli a parte, l’aumento dei casi e delle morti è sotto gli occhi di tutti, nonostante i tentativi del Governo di minimizzare, rimuovendo anche i dati del Ministero della Salute da internet. Il 9 maggio c’erano 10mila decessi, il 9 giugno questi sono diventati 39mila. E per di più la Folha de São Paulo, uno dei giornali più autorevoli del Paese, ha diffuso un’inchiesta in cui spiega come le cifre ufficiale ritrarrebbero solo un 44 per cento della realtà, perché nel bilancio del Ministero non si contano i morti a cui il test di positività viene fatto dopo il decesso.
San Paolo, dove i missionari del Pime continuano la distribuzione di ceste basiche, resta l’epicentro della pandemia. Nonostante questo, però, la scorsa settimana hanno riaperto negozi e shopping center, con questi ultimi presi d’assalto dai clienti. Il web pullula di foto e video di intere famiglie in coda o ammassate di fronte alle vetrine. La riapertura sarebbe stata invocata in nome della crisi economica, ma in molti stanno criticando la decisione del Governatore e del Prefetto. A proposito di economia, lo scorso anno si è chiuso con un numero di 13,8 milioni di persone che vivono con meno di 1,9 dollari al giorno, equivalenti a 6,7 per cento della popolazione del Paese (secondo i dati dell’istituto brasiliano di geografia e statistica Ibge). Significa che per il quinto anno consecutivo il numero di brasiliani in condizioni di estrema povertà continua a crescere. E l’Onu ha detto che sarà anche peggio. Uno studio di due università ha descritto lo scenario futuro spiegando che il numero di poveri in Brasile a fine anno potrebbe salire fino a 14,4 milioni.