La denuncia del New York Times: i Paesi dell’Africa e dell’America Latina non riescono a comprare i dispositivi di protezione contro il Coronavirus perché l’impennata nella domanda dai Paesi con economie più forti ha fatto schizzare alle stelle i prezzi
Stiamo comprando tutti mascherine nell’emergenza Coronavirus. E lo vediamo quanto sia difficile reperirle e quanto anche – seguendo la legge inesorabile della domanda e dell’offerta – i prezzi salgano. Ma che cosa succede se – anziché dare una semplice occhiata su Amazon ai prezzi al dettaglio sempre più alti e alle date di consegna sempre più lontane – si allarga l’analisi agli acquisti di grandi quantitativi a livello internazionale? Esattamente la stessa cosa. È quanto ha denunciato qualche giorno fa il New York Times in questa inchiesta innescata da un grido di allarme lanciato dall’Unicef.
La situazione è molto semplice: tutti i governi stanno cercando mascherine e reagenti chimici necessari per i tamponi del Covid19. Ma chi è in grado di spendere di più mette in campo tutta la sua forza economica per garantirsi questi strumenti oggi così importanti per prevenire il diffondersi dell’epidemia. Dando conto ai propri cittadini delle foto dei carichi di aerei che arrivano o dei numeri degli acquisti effettuati. Solo che c’è anche l’altro lato della medaglia: in questa corsa in cui ciascuno nel mondo fa per sé a finire in fondo sono ancora una volta i Paesi dell’Africa e dell’America Latina. Gli stessi che già si trovano a fare i conti con il Coronavirus partendo con l’handicap di sistemi sanitari più deboli e posti di terapia intensiva che spesso si contano sulle dita di una mano per regioni abitate da milioni di persone.
Nell’inchiesta del New York Times i responsabili di grandi laboratori anche in Paesi come il Brasile o il Sudafrica denunciano la difficoltà nel procurarsi reagenti chimici per i test. «Ho chiamato personalmente aziende private in tre continenti e l’unica cosa che mi garantivano era una consegna a 60 giorni», racconta il dottor Amilcar Tanuri dell’università di Rio de Janeiro. Dallo Zambia, poi, il dottor Charles Holmes, del Centre for Infectious Disease Research, parla di mascherine proposte addirittura a un prezzo «cinque o dieci volte superiore all’ordinario, salvo poi scoprire che erano comunque pezzi scaduti nel nel 2016».
In un mercato con carenza di risorse disponibili e senza una vera risposta globale all’epidemia Stati Uniti ed Europa nel fronteggiare la propria emergenza stanno sbancando di fatto tutti gli altri. «Per le nostre nazioni e i nostri governi diventa difficile fare accordi con i produttori quando Paesi più ricchi di noi negoziano per gli stessi beni – continua il dottor Holmes -. Il privato è più probabile risponda a chi offre di più, è semplicemente business».