L’EDITORIALE
La Chiesa celebra una Giornata mondiale delle comunicazioni anche per evangelizzare questa realtà umana: mettere in contatto le persone, raccontare storie di condivisione e d’amore, abbattere le barriere culturali e politiche e le distanze geografiche
Siamo abituati a celebrare giornate di ogni tipo sia di carattere ecclesiale che civile e internazionale. Dal Concilio Vaticano II, però, ne è uscita una sola: la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che giunge quest’anno (domenica 8 maggio) alla cinquantesima edizione.
Un rapporto difficile quello tra Chiesa e mass media. Grande apprezzamento teorico, molta diffidenza pratica. I media sono lo specchio della realtà umana. Grandi strumenti che possono essere utilizzati per il bene o per il male, come la dinamite, la medicina o l’energia atomica. Nell’Anno giubilare della Misericordia, Francesco dice appunto nel messaggio per questa Giornata che «ciò che diciamo e come lo diciamo, ogni parola e ogni gesto dovrebbe poter esprimere la compassione, la tenerezza e il perdono di Dio per tutti»
Allora di strada ne abbiamo da fare. Senza scomodare le patologie estreme di uso terroristico, guerrafondaio e pornografico dei media, che dire dei programmi che per l’audience sfruttano senza pietà gli errori e le tragedie degli altri, cercando sempre il mostro dove eventualmente c’è una persona da redimere? E di chi con uso scientifico, ma spregiudicato, orienta le coscienze verso soluzioni etiche e politiche che sono un totale sovvertimento della verità, del bene e della giustizia sociale? Che dire poi di chi nel cinema e in qualsiasi altro mezzo vede solo una pura opportunità di guadagno?
La Chiesa quindi celebra una Giornata mondiale delle comunicazioni anche per evangelizzare questa realtà umana, là dove la cupidigia e la perversione a volte imperversano in modo incontenibile. Ma c’è una dimensione molto più positiva e quasi “divina” dei mezzi di comunicazione sociale, difficile da descrivere tanto è ampia. È la possibilità di mettere in contatto le persone, raccontare storie di condivisione e d’amore, dire le difficoltà per trovarne insieme le soluzioni, denunciare le ingiustizie e la sopraffazione, abbattere le barriere culturali e politiche e le distanze geografiche, perché la gente si parli da qualsiasi punto del globo a un altro. In questo senso, lo sviluppo recente delle reti sociali con la tecnologia digitale ci ha fatto fare un grande balzo in avanti. La stampa e la comunicazione missionaria si pongono su questa linea. È preziosa la posta dei lettori quando ci indicano aspetti, popoli, problemi o Paesi che inavvertitamente trascuriamo. Ci piacerebbe sentire di più da loro, da voi.
Mondo e Missione ormai non è più solo una rivista cartacea: è l’omonimo sito mondoemissione.it, ed è su Facebook e Twitter, mentre pensiamo a Instagram con tante nostre foto esclusive del presente e del passato. Il bello è che nelle reti sociali la conversazione non è più solo a senso unico da noi a voi, ma è reciproca e in tempo reale. Con l’obiettivo comune di contrastare il male, diffuso nel mondo e sui media, e condividere invece misericordia e giustizia. E la bellezza dell’incontro tra i popoli del pianeta.