Educatori senza frontiere

Educatori senza frontiere

Venerdì 11 ottobre a Milano si sono celebrati i vent’anni dell’Ufficio Educazione Mondialità con gli insegnanti che nelle loro scuole hanno accolto questa proposta del Pime. Una storia che ha avuto al centro l’annuncio, dalla sfida iniziale fino ad oggi

 

Tra tutte le parabole del Vangelo quella del seminatore è forse la più rappresentativa del lavoro missionario. Il seminatore, come il missionario, passa sulla terra e, senza guardarsi indietro, getta semi senza sapere se né quando germoglieranno. Ed è emblematico che il libretto che contiene le proposte educative dell’Ufficio Educazione Mondialità (Uem) si apra proprio con una citazione di questo brano evangelico. «Edu­care è come la parabola del seminatore: gettiamo semi e speriamo che qualcosa nasca», spiega Elisabetta Nova, educatrice dell’Ufficio sin dagli inizi e, oggi che l’Uem compie vent’anni di attività – festeggiati l’11 ottobre con una giornata speciale per gli insegnanti al Pime di Milano – coordinatrice di tutte le sue sedi.

Il loro lavoro ha sfaccettature che non sempre vengono afferrate da tutti. Non si tratta semplicemente di «Andare nelle scuo­le a parlare di ambien­te e immigrazione», come si è sentito dire. In realtà la squadra di educatori (dodici, più almeno una trentina di collaboratori) nelle cinque diverse sedi dell’Ufficio è al centro di una rete di contatti, incontri e iniziative che raggiunge oltre 55 mila persone. Perché oltre agli incontri nelle scuole (che comunque non sono solo su ambiente e immigrazione, e poi ci arriviamo) ci sono anche le attività durante gli eventi del Pime, i campus estivi per i bambini, la gestione della Casa natale di Papa Giovanni XXIII, le collaborazioni con la Fondazione Oratori Milanesi, con le parrocchie, le diocesi, le associazioni… E la creatività non accenna a rallentare. Per dare l’idea: attualmente l’Uem propone 50 percorsi educativi, e ogni anno ne vengono inventati tra i venti e i trenta nuovi. «Questa forza creativa esce dal cuore dell’Ufficio, che è la sua équipe», spiega Elisabetta. «Questi vent’anni hanno fatto maturare professionalità che affrontano sempre meglio le sfide e che si innovano continuamente per dare risposte sempre nuove a sempre nuovi problemi. Ma la vera marcia in più dell’Uem è la sua creatività, che nasce dai valori missionari, cresce nel confronto costante tra le diversità di ognuno e traduce in nuove ideee concetti sempre veri. È questo che ci rende generativi e che incarna quello che per noi è l’intercultura: la prova che dalle differenze nasce qualcosa di bello».

Creatività, novità, persino azzardo sono le parole con cui l’Uem è nato, negli anni novanta. «In quel periodo avevamo numeri importanti nei cammini per i giovani», ricorda padre Alberto Caccaro, ispiratore-fondatore dell’Uem, allora a capo dell’Animazione missionaria a Milano. «Non riuscivamo invece a raggiungere una fascia d’età inferiore, pre-adolescenti e adolescenti. Nello stesso tempo le parrocchie davano segnali di stanchezza e per noi del Pime era difficile correre ai ripari. Si faceva sempre più pressante la richiesta di una proposta educativa che aiutasse a gestire l’incipiente globalizzazione e che portava con sé la necessità di mediatori culturali per interpretare e gestire l’incontro con il diverso sempre più vicino… Occorreva una creatività, un azzardo, insomma qualcosa di inedito, nuovo, che ci consentisse di rilanciare l’esperienza della missione soprattutto in contesti non ecclesiali come le scuole, che chiedevano una nuova didattica, un’incursione di vitalità in ambienti spesso segnati dal nozionismo. Fu decisivo rileggere la storia delle missioni e l’esperienza sul campo dei missionari in termini di cultura. Anni spesi nello studio di una lingua o nell’apprendimento di un modus vivendi nuovo dovevano pur avere una rilevanza culturale nella comprensione dei fenomeni allora in atto in Italia. Una vita dedicata agli ultimi in contesti limite doveva pur costituire un valore, da spendere proprio laddove si forma l’umano, cioè le scuole».

E oggi, che la globalizzazione è un dato di fatto e l’immigrazione ha portato il diverso ad essere dentro la nostra società, non solo al confine, l’Uem continua il suo lavoro focalizzandosi sull’incontro con l’altro, ma sempre a partire dall’esperienza dei missionari del Pime. «La missione è il “di più” di tutte le nostre proposte rispetto a quelle di altre realtà», spiega Elisabetta. «L’esperienza diretta di intercultura di una persona che vive per anni in un Paese straniero e la conoscenza profonda delle periferie dell’umano sono un valore aggiunto imbattibile».

Per cui sì, le proposte educative dell’Uem parlano di ambiente, di immigrazione, di consumo sostenibile, ma sotto agli argomenti “caldi” dell’attualità c’è una corrente vitale che viene dai missionari: la capacità di prendere coscienza dell’altro in­tegralmente, in tutte le sue sfaccettature. E di entrare in dialogo facendo nascere qualcosa di nuovo.

«Oggi che nelle scuole ci sono gli stranieri di seconda generazione vediamo come la nostra società sia multi-culturale, ma non ancora inter-culturale» spiega Elisabetta. «Per noi educare non è passare delle nozioni in maniera originale o divertente. Educare è crescere persone attente all’altro, inteso non solo come lo straniero che viene dall’Africa ma in senso più ampio, persone che mettano la relazione al centro e che siano in grado di innescare cambiamenti positivi a partire da questi incontri, per far nascere la società del futuro».

«A monte c’è la “presunzione” che i missionari possono veicolare parole nuove che generano visioni nuove del mondo», riprende padre Caccaro. «E che aiutano ad esplorare non solo la geografia della terra, ma anche e soprattutto la geografia dell’anima… ben più vasta di quella fisica». E al centro delle parole dei missionari c’è sempre l’annuncio della Buona Novella. «Cristo rivela l’uomo all’uomo. Dunque il Vangelo che spinge i missionari non è facoltativo, ma consente di raggiungere una densità dell’incontro e della relazione indeducibile da qualsiasi altra esperienza o ideologia» spiega padre Caccaro. Nemmeno per l’Uem il Vangelo è facoltativo. Il suo lavoro, da vent’anni, è quello di annunciarlo con nuove formule, per arrivare a nuovi pubblici e generare relazioni feconde.

 

SCARICA QUI IL LIBRETTO CON TUTTE LE PROPOSTE EDUCATIVE DELL’UFFICIO EDUCAZIONE MONDIALITA’