Gertrude Bell, la madre inglese dell’Iraq

Gertrude Bell, la madre inglese dell’Iraq

Segretaria per l’Oriente a Baghdad ai tempi del dominio britannico, miss Bell aveva sognato di contribuire a creare un Paese ben amministrato, non corrotto, con una giustizia e una sanità efficienti. Ora un libro pubblicato anche in Italia ne ricostruisce la storia

 

I beduini la chiamavano “khatun”, ossia “regina del deserto”, oppure “umm al muminin”, “madre dei fedeli”. Ma lei musulmana non era, anche se nutriva un profondo e sincero interesse per la cultura araba. Gertrude Bell (1868-1926), gentildonna inglese, ebbe un ruolo fondamentale nella creazione dell’Iraq odierno nell’epoca travagliata della disgregazione dell’Impero Ottomano e dell’espansionismo europeo in Medio Oriente.

A questa figura femminile entrata nel mito il regista Werner Herzog si è ispirato per il film The queen of the desert (2015), in cui il ruolo della Bell è interpretato da Nicole Kidman. Ma ancor più interessante è l’appassionata e documentatissima biografia, “La regina del deserto”, scritta dalla giornalista inglese Georgina Howell e di recente pubblicata in italiano da Neri Pozza.

Chi fu questa Miss Bell che contribuì a disegnare i confini dell’Iraq, gettando suo malgrado le basi per l’esplosiva convivenza fra sunniti, sciiti e curdi? È difficile racchiudere in poche righe la vita di questa rampolla di una dinastia di magnati dell’acciaio. Prima donna laureata in Storia a Oxford, Gertrude non si sentiva fatta per una vita da ricca lady. Presuntuosa ma soprattutto cocciuta, aspirava a primeggiare in qualunque impresa. Da alpinista, per esempio, sfida la vetta del Finsteraarhorn sulle Alpi Bernesi, che non riesce a conquistare, ma che le assicura eterna fama, sopravvivendo in cordata per 53 ore a una bufera di neve.

Il suo amore per il Medio Oriente inizia con lo studio del farsi, la lingua persiana. Quando nel 1892 uno zio viene nominato ambasciatore a Teheran, per Gertrude il sogno di visitare l’Iran diviene realtà. Libera dalle rigide convenzioni vittoriane, scopre un mondo che l’ammalia e incontra anche il suo primo grande amore, un diplomatico britannico. Se questo legame non fosse finito male, al pari della relazione successiva con Charles Doughty-Wylie, forse non avremmo avuto una Miss Bell ossessivamente dedita al Medio Oriente.

Dopo la Persia, si dedica allo studio dell’arabo e si appassiona all’archeologia. Sarà il suo interesse per le rovine ad avvicinarla al club tutto maschile di gentiluomini britannici, archeologi e orientalisti reclutati come agenti al servizio della Corona, poiché erano tra i pochi che osavano inoltrarsi nel deserto e che conoscevano le abitudini dei beduini. Bell attraversa montagne e deserti in Siria, nell’attuale Turchia meridionale e nel futuro Iraq, ma il suo viaggio più epico la porta fino a Ha’il, roccaforte allora in mano ai rivali degli ibn Saud, sostenuti dagli inglesi. È come gettarsi fra le fauci del lupo: Gertrude rischia la pelle, ma esplora e cartografa, acquisendo una conoscenza unica del mondo degli sceicchi e delle loro rivalità.

Nel 1915, viene convocata al Cairo dal nascente Arab Bureau, dove è nominata maggiore, diventando la prima donna con un grado da ufficiale, nel suo caso onorifico, nella storia dei servizi segreti militari inglesi. Fra gli agenti che tesseranno la futura politica britannica in Medio Oriente, ci sono altri archeologi prestati alla politica, come T.E. Lawrence, il futuro Lawrence d’Arabia, e David Hogarth.

Nel 1916 l’incarico di segretaria per l’Oriente a Baghdad segnerà il destino della Bell e del futuro Iraq, compagine statale costituita assemblando le tre province ottomane di Mosul, Bassora e Baghdad.

Di fronte al perdurare dell’instabilità politica in questa parte del mondo, oggi vari studiosi hanno proposto lo smembramento in tre entità della Mesopotamia di Gertrude. Chissà cosa direbbe lei, che aveva sognato di poter contribuire a creare un Paese ben amministrato, non corrotto, con una giustizia e una sanità efficienti. Ma i primi segnali dello sgretolamento del suo progetto – le rivalità fra sunniti e sciiti, il rifiuto di ingerenze straniere da parte curda – erano già all’orizzonte. Prima della sua scomparsa, Miss Bell regalò all’Iraq il suo ultimo tributo: quel Museo nazionale devastato nel 2003, poi rimasto chiuso per dodici anni e riaperto nel marzo scorso, in nome della difesa della civiltà.