Una storia di famiglia con cui è difficile fare i conti. Un’amicizia cominciata con il Mediterraneo di mezzo. Padre Piero Masolo, missionario del Pime, nel 2019 si trovava ad Algeri. E proprio da lì è partito un messaggio per Mario Calabresi, giornalista e scrittore, nonché figlio del commissario ucciso esattamente cinquant’anni fa. Due persone apparentemente lontanissime, ma che scoprono di avere qualcosa in comune…
«Buonasera dott. Calabresi, la leggo con piacere perché sono legato a lei dalla perdita di una persona cara a causa del terrorismo». Così scriveva padre Piero da Algeri, facendo riferimento allo zio Carlo Saronio, rapito e ucciso da un gruppo di estremisti nel 1975.
Mario Calabresi fa sua quella storia che scava e approfondisce nel suo libro “Quello che non ti dicono” (Mondadori, 2020). Padre Piero Masolo decide di andare oltre per confrontarsi, lui stesso, con quel passato così tragico e ingombrante. Ne è uscito un altro libro, “Ricreare radici” (Emi, 2022), che verrà presentato mercoledì 25 maggio, alle ore 21.00, al Centro Pime di Milano. Ovviamente dalle stesse due persone, Mario e Piero, che nel frattempo sono diventati amiche.
Anticipiano qui lintroduzione di padre Piero Masolo:
Perchè scrivo sulla mia famiglia? Non c’è nessun intento celebrativo nel farlo, nè la volontà di mettersi in mostra, quasi fossimo un esempio, e tantomeno il desiderio di cullarsi nel passato. No, al contrario, c’è tanta sofferenza che ne emerge, tante ferite e drammi, ma anche tanta vita, progetti e sfide. Scrivo perchè mi è esploso dentro il bisogno di farlo, semplicemente. Ho tentato a più riprese di non ascoltare questo bisogno, ma è stato più forte di me: ho dovuto cedere e rimettermi a scrivere.
Questa avventura è iniziata per caso, meglio per una serie di coincidenze, nel 2019 ad Algeri, dove vivevo, ed è continuata in Italia a partire dall’aprile del 2020. Ha visto nascere un’amicizia con Mario Calabresi che ha raccontato la storia di mio zio, Carlo Saronio, in Quello che non ti dicono, edito da Mondadori (2020). La ricerca che abbiamo svolto e che sta dietro a quel testo, scritto da Mario in modo da farsi leggere con piacere, nonostante la tragedia che racconta, è stata davvero ricca, ampia, feconda, tanto che quel libro mi è sembrato la punta di un iceberg. E sott’acqua, cosa c’è sotto, cosa nasconde l’iceberg?
Ecco il senso di questo libro, non un sequel di Quello che non ti dicono, ma un racconto che si amplia a tutta la mia famiglia, con lettere e testimonianze intrecciate: di nonna Angela sullo zio Carlo, di mamma sulla nonna, di papà su di me. Quasi un’antologia che desidero sottrarre all’oblio perchè credo che scavare nelle proprie radici possa aiutare a capire meglio chi siamo. Almeno così è per me.
Sono consapevole che non siamo una famiglia normale. Drammi e tragedie si susseguono, e bisogna avere il coraggio di guardarle in faccia, senza paura. Questa appartenenza anche dolorosa, che spesso ho nascosto, più la conosco e più diventa positiva, la sento mia, mi permette di riappropriarmi della mia e della nostra identità.
Ho scoperto che spesso le storie della nostra famiglia si intrecciano con la Storia: dallo zio Carlo col terrorismo degli anni ’70, al nonno Piero con Mussolini ed il fascismo, a vari membri della famiglia nella Prima e Seconda Guerra Mondiale, fino all’invenzione della plastica con Giulio Natta, ed alla riscoperta della natura come la nostra Casa comune da tutelare e valorizzare.
Il racconto si snoda tra radici verticali, di carne e sangue, e radici orizzontali, create dall’amicizia, ma anche non-radici, come Carlo Fioroni, che è parte integrante nella storia della nostra famiglia, per aver organizzato il rapimento dello zio Carlo, di cui è immediatamente seguita l’uccisione.
L’andamento della narrazione è circolare, seguendo a volte le relazioni tra i diversi membri della famiglia, altre volte i luoghi che ci accomunano, ed infine i temi che ci legano: la ricerca, la morte, la vita, la fede e il viaggio.
Caro lettore, spero di cuore che si tratterà di un viaggio affascinante!