Fraternità inuit

Fraternità inuit

IL BELLO DELLA FEDE – SPECIALE «FRATELLI TUTTI»
Tra tanta essenzialità e forza espressiva le scene di matrimoni, di battesimi, le preghiere corali di Jessie Oonark raccontano della fratellanza di uomini che si riconoscono nella fede, nelle radici etniche e nei bisogni primari

 

Ci sono le distese immense e bianchissime dell’Artico canadese, dove migrano i caribù e le popolazioni locali vivono di caccia e pesca, legate a gesti quotidiani che garantiscono la sopravvivenza. Ci sono lo spazio, il freddo, la gioia e la fede. E c’è un paesaggio interiore fatto di forme, linee essenziali e colori vivaci nelle opere dell’artista canadese Jessie Oonark (1906-1985), una pioniera dell’arte visiva inuit.

Nata nella regione artica del Black River, nei Territori del Nord Ovest del Canada, per oltre 50 anni Jessie Oonark conduce la vita tipica di una donna inuit, lavorando pelli e contribuendo al sostentamento della famiglia. Nel 1960 a seguito di una grave carestia e della morte del marito, cacciatore e padre dei suoi 13 figli, si sposta nella zona di Baker Lake (Territorio Nunavut), dove scopre la sua vocazione artistica: per 19 anni produrrà tessuti intarsiati, disegni a pastello, a pennarello e stampe, opere esposte in numerosi musei e gallerie del Canada e degli Stati Uniti, per cui otterrà importanti riconoscimenti come la nomina a membro della Reale Accademia Canadese delle Arti e l’onorificenza dell’Ordine del Canada.

Con uno stile fortemente grafico ed essenziale, che non utilizza la prospettiva e gioca con le simmetrie e asimmetrie per dare forza e dinamismo alle azioni rappresentate, Oonark racconta la quotidianità inuit: la caccia, le donne che lavorano le pelli con l’ulu, il coltello tipico che costituisce il loro inseparabile corredo, la spiritualità legata allo sciamanesimo e fondata sulla forte reciprocità tra mondo naturale/animale e umano. Come cristiana, battezzata e praticante, trasferisce su tessuti e fogli da disegno la vita della Chiesa anglicana locale attraverso ritratti, cerimonie, processioni di uomini e donne in abiti tradizionali che pregano e percorrono immense distanze per recarsi alle funzioni religiose, unendo in modo sincretico simboli cristiani ed elementi etnici: Maria e i fedeli indossano vesti di pelliccia, gli angeli alati ricordano gli uccelli e gli uomini/uccello tipici dello sciamanesimo inuit, le chiese sono raffigurate in modo stilizzato con la forma arcuata degli igloo.

Linee decise delimitano i corpi, dividono gli spazi, creano forme piatte riempite di colori vivaci, lasciando parlare intensamente anche il vuoto. Tra tanta essenzialità e forza espressiva le scene di matrimoni, di battesimi, le preghiere corali raccontano della fratellanza di uomini che si riconoscono nella fede, nelle radici etniche e nei bisogni primari, sostenendosi come comunità.