La religiosa egiziana dirige la scuola più grande di Gaza, dove i giovani imparavano la tolleranza. «Oggi molti di loro sono morti sotto le bombe. Noi rimaniamo per aiutare: dove altro potremmo andare?»
«Ogni giorno piangiamo la morte di tanti nostri studenti e dei loro parenti. Erano giovani educati al dialogo, non erano fanatici, erano bravi ragazzi…». Sta vivendo i giorni più difficili della sua vita suor Nabila Saleh, religiosa di origini egiziane che da 13 anni opera a Gaza e che, dopo il violento riesplodere del conflitto tra Israele e Hamas, si è ritrovata nel mezzo dell’inferno: sotto i bombardamenti incessanti, senza acqua né elettricità, chiamata a prendersi cura di moltissime famiglie che hanno perso tutto e ostaggio del terrore. «Questa è la nostra missione: aiutare chi ha bisogno; dove altro potremmo andare?», dice.
Suor Nabila, della congregazione delle Rosary Sisters, dirige la più grande scuola di Gaza City: 1.250 allievi, dall’asilo alle superiori, quasi tutti musulmani, visti i numeri esigui della comunità cristiana nella martoriata enclave palestinese. Molti di loro, oggi, sono purtroppo tra le migliaia di ragazzi rimasti uccisi sotto le bombe. Altri fanno parte delle settecento persone (di cui oltre cento bimbi) che hanno trovato rifugio, insieme alle suore, nella piccola parrocchia della Sacra Famiglia, con la speranza di un minimo di sicurezza, sebbene oggi a Gaza nessun luogo possa dirsi sicuro. La stessa scuola è stata gravemente danneggiata dai bombardamenti israeliani.
Le famiglie locali conoscono e apprezzano suor Nabila e le sue consorelle da quando – alla fine degli anni Novanta – il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Yasser Arafat donò loro un terreno per costruire una scuola cattolica: «Stimava le Rosary Sisters ed era convinto che avremmo potuto contribuire allo sviluppo della Striscia», ricorda suor Saleh. In questi anni l’impegno delle religiose – il cui carisma è l’emancipazione dei giovani, e in particolare delle ragazze, a partire dall’istruzione – è stato fondamentale e, nel clima asfittico e spesso intollerante di Gaza, la scuola ha rappresentato un contesto aperto e plurale in cui gli allievi venivano educati al dialogo. Tra le priorità delle suore, che in queste settimane hanno ricevuto varie telefonate di sostegno dallo stesso Papa Francesco, anche la cura dei traumi di una generazione cresciuta in mezzo ai conflitti. E che oggi, tragicamente, è falcidiata da una violenza ancora più grande. Quando le bombe smetteranno di cadere, suor Nabila e le altre dovranno ricominciare tutto da capo.
CHI È
Suor Nabila Saleh appartiene alla congregazione delle Rosary Sisters, l’unica autoctona della Terra Santa (fondata nel 1880 a Gerusalemme dalla religiosa palestinese santa Marie Alphonsine Danil Ghattas). Suor Nabila, nata in Egitto 45 anni fa, da tredici vive a Gaza City, dove dirige la scuola più grande della Striscia. Oltre che sul fronte educativo la congregazione delle Wardiye, come sono conosciute, è impegnata in attività di assistenza sanitaria e caritativa in tutto il mondo arabo, da Beirut al Cairo, da Amman a Kuwait City.