Il ricco patrimonio audiovisivo del Pime presentato in Vaticano in vista di un progetto per valorizzare il materiale filmico degli Istituti missionari
Un missionario intento a medicare un lebbroso nel cuore della giungla birmana, altri ripresi sulle slitte tra i ghiacci della Siberia, un gruppo di suore che giocano a baseball con i bambini africani. Sono solo alcuni dei soggetti ritratti all’interno dello sterminato (e ancora poco conosciuto) patrimonio audiovisivo conservato presso gli archivi degli Istituti missionari italiani.
E appunto a quest’ultimo e all’urgenza della sua salvaguardia è stato dedicato, lo scorso 16 ottobre, un convegno internazionale, dal titolo “Cinema e Missione. Fonti audiovisive e storia delle missioni cattoliche”, svoltosi presso la sede della Pontificia Accademia delle Scienze e delle Scienze Sociali, nella suggestiva cornice della Casina Pio IV all’interno dei Giardini Vaticani.
L’iniziativa, organizzata dalla neonata Fondazione Mac (Memorie Audiovisive del Cattolicesimo) e dal Centro di ricerca del Catholicism and Audiovisual Studies (Cast), attivo dal 2019 presso l’Università Telematica Internazionale Uninettuno, ha visto la partecipazione di archivisti, storici e accademici provenienti da tutto il mondo che si sono confrontati sulle numerose tematiche connesse al complesso e articolato rapporto tra audiovisivi e Istituti missionari.
All’interno della fitta schiera dei partecipanti era presente anche il personale dell’Archivio generale del Pime, che ha illustrato la ricca e originale esperienza cinematografica dell’Istituto, ripercorrendone le vicende dalle prime testimonianze, frutto delle importanti produzioni dell’allora Regione statunitense e inscindibilmente legate al nome di padre Nicola Maestrini, fino alla poliedrica e fervente attività del Centro audiovisivi, attivo presso il Centro missionario Pime di Milano dagli inizi degli anni Sessanta fino al 2004.
Le ricerche condotte sulla documentazione hanno infatti rivelato come questa particolare forma di comunicazione abbia giocato un ruolo di primario rilievo all’interno dell’Istituto fin dagli esordi, quando nel 1956, dietro alla lungimirante intuizione di padre Maestrini, il giovane regista americano William Deneen (le cui produzioni sono oggi disponibili anche presso l’Academic Film Archive of North America) veniva inviato nei territori di Giappone, Hong Kong, Birmania, Pakistan e Italia allo scopo di documentare i diversi campi di attività dei missionari e le difficili realtà sociali, politiche ed economiche con cui erano chiamati a confrontarsi.
È il caso, per esempio, dei rifugiati nelle periferie di Hong Kong a seguito della rivoluzione maoista, o della situazione degli orfani in Giappone e Pakistan o, ancora, dell’emarginazione dei lebbrosi in Birmania: la pellicola The touch of his hand, interamente dedicata al lavoro svolto da padre Cesare Colombo presso il lebbrosario di Kengtung, ricevette anche diversi apprezzamenti dalla critica e riconoscimenti internazionali.
Analogamente, anche gli oltre quarant’anni di attività del Centro audiovisivi, di cui venti (1975- 1994) sotto la guida della carismatica figura di padre Raffaele Magni, mostrano come l’Istituto seppe promuovere stabilmente e valorizzare una modalità di approccio alla missione del tutto originale non solo per le potenzialità offerte dagli innumerevoli espedienti tecnici legati all’impiego del mezzo audiovisivo, ma anche e soprattutto per l’estrema eterogeneità dei temi, dei contesti culturali e geografici di riferimento, oltre che delle differenti prospettive di indagine. Senza dimenticare le importanti collaborazioni che lo stesso Centro seppe intessere con le emittenti (pubbliche e private) attive sul territorio lombardo (fra cui anche la Rai) o le partecipazioni a programmi di produzione condivisa in ambito missionario (tramite iniziative come quelle realizzate dalla Messis Film).
Se – come ha efficacemente osservato monsignor Dario Edoardo Viganò, presidente della Fondazione Mac e vice cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze – «il cinema missionario è come un’isola senza nome e senza confini» – il variegato patrimonio audiovisivo conservato negli archivi del Pime rappresenta una “foresta” particolarmente florida per la quantità e la varietà di produzioni conservate.
Produzioni che l’importante progetto coordinato dalla Fondazione Mac e dal Cast – inaugurato dal convegno di ottobre – mira a tornare a riscoprire attraverso la creazione di un polo dedicato alla conservazione, descrizione e valorizzazione del materiale filmico (analogico e digitale) ad oggi custodito presso gli Istituti missionari cattolici italiani. Con l’auspicio dichiarato che, oltre a continuare a rappresentare un efficace strumento di trasmissione del messaggio evangelico, queste ricchissime testimonianze possano finalmente essere indagate e fruite sotto la loro molteplice e originale dimensione squisitamente culturale, come fonti storiche, geografiche, etnologiche e antropologiche.