Sono in crescita i fondi specializzati, anche speculativi, che offrono un’esposizione diversificata alle azioni legate all’acqua
Si sa, nel mondo della finanza socialmente irresponsabile, investire in un bene scarso, altamente richiesto, su lungo periodo pagherà dividendi importanti.
E c’è un bene che nel futuro diventerà sempre più scarso – perché non sostituibile – e ambito: l’acqua. La corsa per accaparrarsi questo bene fondamentale per la sopravvivenza è già iniziata da tempo. A documentare questa affermazione nel dettaglio è un libro appena uscito: “Water grabbing: Le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo” (Emi, 2018). I due autori Emanuele Bompan e Marirosa Iannelli, che domani saranno ospiti al Festival dei diritti umani di Milano, analizzano tutte le sfaccettature di questa “corsa” all’oro blu, che sta diventando sempre di più causa di conflitti, instabilità sociale e migrazioni.
Con water grabbing, “accaparramento dell’acqua”, ci si riferisce a situazioni in cui attori potenti sono in grado di prendere il controllo o deviare a proprio vantaggio risorse idriche preziose, sottraendole a comunità locali o intere nazioni. «Gli attori che vedono il mondo in quest’ottica di appropriazione sono tanti e molteplici: i governi, le imprese senza scrupoli, la finanza», scrivono Iannelli e Bompan.
Il libro cita un report interno di Kleinwort Benson Investors, un noto asset manager con sede a Dublino specializzato in risorse naturali, che consiglia agli investitori in quote azionarie che stanno cercando operazioni finanziarie a lungo periodo di investire in azioni legate ad acqua e agrobusiness. Le performance di queste azioni sono state eccellenti negli ultimi dieci anni, ma – cosa più importante – la domanda crescente di soluzioni per ovviare alla scarsità di questa fonte rimane fortemente salda. Si stima infatti che al 2030 verranno fatti oltre 22.000 miliardi di dollari di investimenti di infrastrutture per soddisfare la crescente necessita d’acqua, la principale spesa in infrastrutture nei prossimi anni.
La Fao ha calcolato che nei soli paesi in via di sviluppo saranno necessari oltre 9.2000 miliardi di dollari di investimenti per l’agricoltura entro il 2050. Per questa ragione è in crescita il numero di fondi specializzati che offrono un’esposizione diversificata alle azioni legate all’acqua, offrendo cioè molteplici strumenti finanziari, dai collaterali ai futures.
La Cina, con il 20% della popolazione e meno del 7% delle risorse idriche mondiali, e la piazza affari dove più che altrove si tratta questo tipo di azioni. Tra gli investitori finanziari citati nel report di Kleinwort Benson Investors figurano grandi nomi come Goldman Sachs, JP Morgan Chase, Citigroup, Ubs, Deutsche Bank, Credit Suisse, Barclays Bank, Blackstone Group, Allianz. Negli Stati Uniti, il magnate e finanziere Thomas Boone Pickens possiede più diritti per l’estrazione idrica di qualsiasi altro americano, con un diritto al prelievo sull’acquifero Ogallala, il più grande del Nord America, per 220 miliardi di litri d’acqua l’anno. Per gli investitori il trend è iniziato ed è uno di quelli di lunga durata. Sono investimenti che si svilupperanno nel lunghissimo periodo, ha spiegato Todd Millay, analista specializzato di Forbes, ma che già oggi attirano l’attenzione di grandi portfolio e vedono importanti opportunità in una molteplicità di segmenti, dalle pompe alle tubature, dalle utility al settore del beverage.
I due fondi più importanti dedicati all’acqua – si legge in “Water grabbing” – sono PowerShares Water Resources (sui listini si trova come Pho) e Guggenheim S&P Global Water (Cgw). Questi Etf (acronimo di Exchange Traded Fund, un termine con il quale si una particolare tipologia di fondo d’investimento) si concentrano su listini in Paesi dove l’acqua è particolarmente scarsa, facendone degli investimenti di lungo termine particolarmente appetitosi per gli speculatori.
La Fao ha calcolato che entro il 2030 una persona su due al mondo vivrà in zone ad elevato stress idrico. «La sicurezza dell’acqua facile viene meno, ci riempie di dubbi e di paure», commentano gli autori di “Water Grabbing”. «Da bene pubblico e comune lo si vuole trasformare, in quanto scarso, in merce, assegnandogli un prezzo variabile stabilito dal mercato».