Lo ha definito così Papa Francesco durante il recente viaggio in Repubblica Democratica del Congo. E mentre la giustizia arranca, resta vivo il ricordo dell’ambasciatore, ucciso il 22 febbraio 2021 nei pressi di Goma. «Luca ha servito lo Stato con umanità», dice la moglie
Sono passati due anni dall’omicidio dell’ambasciatore italiano in Repubblica Democratica del Congo Luca Attanasio, del carabiniere che lo accompagnava, Vittorio Iacovacci, e del loro autista, Mustapha Milango, uccisi il 22 febbraio 2021 nei pressi di Goma, in Nord Kivu. Il loro convoglio, formato da due veicoli del World Food Program (WFP), venne attaccato da uomini armati la cui identità e le cui finalità non sono ancora del tutto chiare, nonostante si vada verso la conclusione del processo a Kinshasa e siano stati fatti passi avanti anche da parte della giustizia italiana. La Procura di Roma, infatti, ha chiuso le indagini attribuendo la responsabilità a un gruppo di banditi che chiedevano 50 mila dollari. Ha inoltre emesso una richiesta di rinvio a giudizio per omicidio colposo nei confronti di due funzionari del World Food Program, Rocco Leone, vice capo missione in R.D. Congo, e Mansour Rwagaza Luguru, addetto alla sicurezza in Nord Kivu, sulla quale il Gup si esprimerà il prossimo 25 maggio. Sinora entrambi si sono trincerati dietro l’immunità diplomatica.
Intanto, è arrivato alle battute finali il processo contro i presunti responsabili avviato a Kinshasa nell’ottobre 2022. L’ultima udienza è, infatti, prevista per il 1° marzo. Tutto l’iter, tuttavia, è stato caratterizzato da lacune, contraddizioni, imperizia, testimonianze estorte probabilmente con la forza, lungaggini burocratiche… Anche da parte italiana ci si è confrontati con molte difficoltà e ostacoli, con varie rogatorie che non hanno ottenuto risposta e l’impossibilità per i Ros di recarsi a Goma per fare un sopralluogo dei luoghi dell’attentato e visionare le auto coinvolte.
Seminatore di pace
Ma al di là del processo e del legittimo desiderio di giustizia ribadito ripetutamente anche dai familiari, quello che resta ancora vivo dell’ambasciatore Attanasio è soprattutto il ricordo riconoscente di tutti coloro che lo hanno conosciuto in R.D. Congo e non solo. Compresi i molti missionari con cui aveva cenato la sera prima dell’attentato a Goma e a cui aveva sempre dedicato molta attenzione e solidarietà.
Lo ha ricordato anche Papa Francesco nella sua recente visita nel Paese, definendolo un «un seminatore di speranza». «Il loro sacrificio non andrà perduto», ha detto il Pontefice, mentre ascoltava visibilmente addolorato le testimonianze delle vittime delle violenze nell’Est del Paese. Lo stesso Papa Francesco, tuttavia, non ha potuto recarsi a Goma, come originariamente previsto, a causa del peggioramento delle condizioni di sicurezza. Nel capoluogo del Nord Kivu avrebbe dovuto celebrare la Messa poco distante dal luogo in cui Attanasio, Iacovacci e Milango sono stati uccisi.
«La visita del Papa in Repubblica Democratica del Congo – ha commentato la vedova di Attanasio, Zakia Seddiki – è un grande messaggio. Un messaggio concreto di speranza per un popolo che soffre e che ha bisogno di un simbolo di pace e di aiuto spirituale. Di tutto cuore, prego accanto al Papa e spero che porti serenità nel cuore della gente per dimenticare armi e violenza».
Ha inoltre ricordato lo spirito che aveva animato il marito, un uomo delle istituzioni, ma anche di fede, che interpretava il suo ruolo come una missione di vicinanza a tutti, italiani e congolesi. Una missione che lei stessa continua a portare avanti attraverso l’associazione “Mama Sofia”, specialmente per i bambini e le donne della R.D. Congo, per dare concretezza ai «suoi ideali di pace, giustizia, solidarietà tra i popoli. Luca ha lasciato a tutti noi, soprattutto ai giovani, la prospettiva di sognare, di fare una scelta e di far parte delle istituzioni, di servire lo Stato che è un compito che si può fare con umanità».
Chi era l’ambasciatore Luca Attanasio
Nato a Limbiate, in provincia di Monza-Brianza, il 23 maggio 1977. Dopo la laurea alla Bocconi di Milano in economia aziendale, nel 2001 aveva vinto il concorso in diplomazia e nel 2003 era stato nominato Segretario di legazione in prova nella carriera diplomatica. Confermato in ruolo dal 29 settembre 2004, era entrato nella segreteria particolare del Sottosegretario di Stato e poi, nel 2006, nominato segretario commerciale a Berna. Nel 2010 il trasferimento a Casablanca con funzioni di console. Dopo il rientro alla Farnesina come capo Segreteria della Direzione Generale Mondializzazione e Questioni globali nel 2013, nel 2014 di nuovo in Africa come Primo segretario ad Abuja, in Nigeria, per un’assegnazione breve, dove però era tornato come consigliere nel 2015. A Kinshasa era stato nominato Incaricato d’Affari il 5 settembre 2017, e poi confermato quale incaricato d’Affari con Lettere, nel gennaio 2019. Per il suo impegno umanitario, nell’ottobre 2020, aveva ricevuto Premio Nassiria per la pace.