Un rapporto dell’Action on Armed Violence riferisce che l’anno scorso il numero di vittime e feriti tra la popolazione civile di tutto il mondo è salito a 33.307. Un dato che coinvolge 64 Paesi e che è cresciuto negli ultimi quattro anni del 54 per cento.
Morire camminando per strada, al mercato o sull’autobus sotto il fuoco di un’esplosione improvvisa, disarmati. È agghiacciante il report pubblicato appena tre giorni fa dall’associazione Action on Armed Violence (AOAV) che fotografa con numeri e percentuali una crescita del numero di civili morti a causa di armi esplosive.
L’escalation della violenza rincara la dose per il quarto anno consecutivo e nel 2015 (anno al quale si riferisce lo studio) registra un numero spaventoso, 33mila 307 feriti e vittime da conteggiare tra la popolazione civile, ben il 54 per cento in più rispetto al 2011.
L’anno scorso nel mondo sono stati 2.170 gli incidenti causati da ordigni che nel complesso hanno mietuto più di 43 mila vittime di cui il 76 per cento erano persone civili. Questo dato sale al 92 per cento nel caso di attacchi portati a termine in aree densamente popolate.
Nonostante i morti o i feriti causate da armi esplosive siano “solo” il 2 per cento in più rispetto al 2014, però, rispetto a due anni fa è aumentato nettamente il numero di persone colpite in attacchi suicidi, che hanno raggiunto il numero di 9.205, esattamente il 67 per cento in più rispetto ad incidenti simili nei dodici mesi precedenti.
Ma il report dal titolo programmatico «Unacceptable Harm» non si ferma qui. I Paesi che hanno contato il maggior numero di morti e feriti a causa degli ordigni sono state nazioni nelle quali si combattono guerre civili come Yemen, Iraq, Nigeria, Afghanistan e Siria che da sola l’anno scorso ha pianto ben 10mila morti da esplosivo. Gli incidenti però non riguardano solo questi Stati ma ben 64 Paesi, sei dei quali hanno avuto più di mille persone colpite sui loro territori.
Tra la varietà dell’armamentario il cui obbiettivo è causare fuoco e distruzione intorno al punto della detonazione, ci sono ordigni esplosivi improvvisati, mortai ma anche proiettili d’artiglieria e bombe aeree. Proprio quest’ultime sono le munizioni più letali, tanto che nel 2015 sono stati 9.200 i civili uccisi in questa modalità, il 28 per cento del totale. E a sottolineare l’efficacia mortifera delle nuove armi da fuoco è anche un altro dato secondo il quale – nonostante gli incidenti siano stati il 20 per cento in meno rispetto al 2014 – l’incremento di morti e feriti nello stesso periodo è aumentato in maniera rilevante.
Come negli anni precedenti, quasi la metà di questi attacchi non sono stati rivendicati. Dei restanti le artiglierie statali (in prima linea c’è la coalizione saudita, seguita dall’esercito regolare siriano e dagli Stati Uniti…) hanno colpito ben 16.392 persone, di cui il 64 per cento civili. Tra gli attori non statali autori di stragi esplosive al primo posto c’è il sedicente Stato islamico che si è reso responsabile del 19 per cento degli incidenti, insieme ai ribelli siriani e ai separatisti ucraini. Anche Boko Haram, nonostante non rientri nella triste classifica perché risultata mandante di soli 24 incidenti in Nigeria, è probabilmente legato a ben 105 attacchi esplosivi in Africa Occidentale.
A qualunque bandiera s’ispirino, democratica o no, il rapporto non lascia dubbi sulla necessità d’intervenire urgentemente per combattere e ridurre i danni di questi attacchi attraverso politiche nazionali e accordi internazionali forti che blocchino questa strage degli innocenti.