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Non c’è pace senza fiducia reciproca

EDITORIALE
La via della pace è lenta, ma non può essere fermata perché è ciò che di più profondo l’uomo desidera
  All’inizio di ogni anno, il Santo Padre ci richiama al tema della pace con la celebrazione della Giornata mondiale che ricorre il primo gennaio e che quest’anno sarà dedicata al tema: “La buona politica è al servizio della pace”. Nel bollettino in cui Francesco lo annuncia si leggono queste parole: «Non c’è pace senza fiducia reciproca». Io non posso che tornare al mio Paese di missione, la Cambogia, dove ho potuto toccare con mano le conseguenze a lunghissima scadenza della dittatura militare iniziata nel 1970, della guerra civile perpetrata dai khmer rossi alla fine degli anni Settanta, e quindi dell’occupazione vietnamita terminata nel 1989. Un ventennio così devastante da non poter essere superato da decenni di sostanziale pace. Ancora oggi i figli di chi ha vissuto quegli anni violenti pagano le conseguenze dei traumi dei loro genitori: sono loro stessi traumatizzati e questo dolore si tramanda di generazione in generazione. Il male ha bisogno di tempo per diluirsi e stemperarsi fino a diventare innocuo. Quella fiducia reciproca che genera la pace di cui parla Papa Francesco non esiste ancora in Cambogia; dovrà essere pazientemente ricostruita giorno per giorno, sorriso dopo sorriso, carezza dopo carezza. La via della pace è lenta, ma non può essere fermata perché è ciò che di più profondo l’uomo desidera. Questo vale per la Cambogia così come per tanti altri Paesi che ancora oggi vivono la violenza della guerra, l’ingiustizia, la dittatura, la mancanza di diritti o il dramma delle migrazioni forzate. Come costruire questa fiducia reciproca se non partendo dalle nostre relazioni interpersonali e dal nostro cuore? Sappiamo però che più un cuore è ferito più tenderà a chiudersi in se stesso e avrà difficoltà a vivere nella pace e a donare pace. Non per questo, però, non si deve provare ad “aprirlo”. È quanto ci racconta anche il Primo Piano di Mondo e Missione di questo mese, che ci porta alla scoperta delle Apac brasiliane e del processo di giustizia riparativa e di riconciliazione in Sudafrica. Le Apac sono carceri dove non esistono guardie e sbarre. Alla domanda: «Com’è possibile che un carcerato scelga di non fuggire?», la risposta che viene data è: «Dall’amore nessuno scappa». Se l’utopia di un carcere senza sbarre o di un Paese come il Sudafrica, che prova a perdonare i crimini infami della discriminazione razziale, è diventata possibile, allora dobbiamo iniziare subito a pregare, lavorare e impegnarci perché anche la pace non resti un sogno, ma divenga realtà. Grazie anche alla fiducia reciproca e all’amore.  
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