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Risolvere alla radice le cause della tratta

L’EDITORIALE:
«Spezza il cuore la vista dei nuovi schiavi: persone distrutte da altri esseri umani, quando lo spirito e la carne altrui diventano un mezzo per fare soldi»
Si parla molto di India, in questo numero di “Mondo e Missione”. Non solo del mio viaggio in visita ai progetti di sostegno a distanza del Centro Pime di Milano. Ma anche e soprattutto ne parla il Premio Nobel per la Pace 2014 Kailash Satyarthi. Notevoli conquiste sociali e tecnologiche, ma anche persistente povertà, ignoranza, emarginazione, carenza alimentare, una diffusa arroganza culturale e politica. E soprattutto la grande massa degli “scarti” umani. Quelli che nella mente di alcuni (forse molti) sarebbe meglio che non esistessero e non disturbassero. Eppure sono lì. Agli incroci delle strade a chiedere l’elemosina, di fronte agli ambulatori per ottenere qualche medicina, al cancello di una qualsiasi missione per mandare i figli a scuola nella speranza di un riscatto. Quello che colpisce di più, tuttavia, non sono le vittime della sorte, della povertà, della lebbra o della tubercolosi. Ciò che spezza il cuore è la vista di persone distrutte da altri esseri umani; quando lo spirito e la carne altrui diventano un mezzo per fare soldi. I nuovi schiavi. Chi vuol capire meglio legga la rivista da pagina 6. E se la distanza e il tempo lo permettono, sia anche presente a Milano l’8 febbraio per la Giornata contro la tratta di persone, di cui il Centro Pime si è fatto promotore, insieme a Caritas e Mani Tese. E che vedrà la partecipazione proprio di Kailash Satyarthi, che da molti anni lotta in particolare per liberare i bambini dalla schiavitù del lavoro forzato (programma a pagina 9). Anche l’Europa deve continuare a lavorare per costruire una civiltà che elimini completamente l’esclusione e la discriminazione e che dica basta a ogni forma di schiavitù. Anche qui è presente il triste fenomeno della tratta e della compravendita di persone per i mercati della prostituzione, del lavoro forzato, del trapianto d’organi. Colpiscono i racconti di alcuni ragazzi africani accolti nelle case del Pime. All’origine, povertà e conflitti politici e tribali. Poi la permanenza illegale e la precaria sopravvivenza in un Paese limitrofo. Quindi l’attraversamento del deserto e per parecchi la resa alla stanchezza e alla sete. Il soggiorno in Libia tra minacce, incarcerazioni, lavoro forzato e ricerca disperata dei soldi per imbarcarsi per l’Italia. Infine, l’arrivo nel nostro Paese in crisi economica, con poche possibilità concrete di un lavoro adeguatamente retribuito. Un giorno sì e un giorno no, i politici e i burocrati europei chiedono blocchi alle frontiere. Ma sanno che la causa del problema è geograficamente molto più in là. Quando la gente arriva al confine lo passa oppure muore a due passi dal filo spinato. L’Europa purtroppo è in grado di bruciare in pochi anni il patrimonio di umanità e di solidarietà costruito nel corso dei secoli se non aiuta a risolvere alla radice le cause delle migrazioni e della tratta di persone. Bisogna però decidere, come spesso ripetuto, di non alimentare più i conflitti con la vendita di armi. E smettere di saccheggiare le risorse umane e materiali dei Paesi emergenti.

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