Il wayang kulit è la forma tradizionale del teatro delle ombre indonesiano, praticato principalmente a Giava e Bali. Wayang significa ombra e kulit pelle, dalla pelle di bufalo d’acqua utilizzata per realizzare le marionette. Queste sono capolavori artigianali: finemente intagliate e riccamente dipinte, con gli arti superiori mossi da bacchette di corno, proiettano le loro ombre su uno schermo di cotone mettendo in scena complesse trame narrative legate ai testi sacri indù. Il regista di queste rappresentazioni, che durano anche intere notti e coinvolgono decine di persone tra musicisti e cantanti, è il dalang: maneggia le marionette, narra le storie usando voci diverse per i differenti personaggi, presiede all’accompagnamento musicale e agli aspetti rituali.
Tradizionalmente iI wayang kulit è legato a importanti occasioni come matrimoni, cerimonie regali e ricorrenze, e da sempre è stato il veicolo che ha trasmesso contenuti morali, riflessioni filosofiche ed elementi di critica sociale. Negli anni Sessanta il frate cattolico Timotheus Wignyosoebroto, residente a Suracarta nella Giava centrale, ebbe l’idea di utilizzare questa forma artistica per diffondere i suoi sermoni. Nasce così il wayang wahyu, una forma sincretica di teatro d’ombre giavanese e cristianesimo (wahyu significa rivelazione). L’Antico Testamento e la vita di Gesù diventano i protagonisti delle performance teatrali, che si arricchiscono di personaggi nuovi e modificano il ruolo di quelli tradizionali, a cui si aggiunge un nome cristiano; si introducono anche simboli come l’aureola e la croce, che vanno a contrassegnare elementi di scena tradizionali.
Oggi le rappresentazioni del wayang wahyu sono riservate solo a occasioni particolari come il Natale e la Pasqua, per l’elevato costo che comportano e la difficoltà a reperire i dalang. Alcuni giovani artisti però portano coraggiosamente avanti questa esperienza, consapevoli che l’incontro tra cultura giavanese e cristianesimo è stato e sarà un elemento di grande ricchezza spirituale e culturale per la vita dell’isola.