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La gioia di ricominciare

Dopo vent’anni in Brasile e un periodo in Italia, padre Castrese Aleandro è ripartito nel novembre del 2023 per la diocesi di Acapulco, in Messico. Ecco il suo racconto

Il Messico è la terra da dove ora vi scrivo. Sono arrivato il 17 novembre del 2023 e i primi mesi di studio della lingua e introduzione alla cultura messicana, presso l’università Unam, non sono stati affatto facili. Non tanto per la lingua, ma perché alcuni mesi prima avevo subito un intervento chirurgico per una protesi al ginocchio destro. Il forte desiderio di servire la missione ha fatto sì che non dedicassi il tempo dovuto alla riabilitazione e così ho avuto seri problemi che, tuttavia, ho superato grazie alla frequentazione di uno studio di fisioterapia a Città del Messico.

Ora mi trovo ad Ayutla de Los Libres, nello Stato del Guerrero, presso la parrocchia Santiago Apóstol. Con me c´è padre Ferdinand (Costa d’Avorio), mentre gli altri due amici missionari del Pime, Paulo (brasiliano) e Patrick (Costa d’Avorio), accompagnano la parrocchia poco distante della Concordia, che è a un’ora di distanza tra le montagne che ci circondano.

La collaborazione tra noi è molto buona. Siamo ben inseriti dentro il piano pastorale della diocesi di Acapulco e svolgiamo il nostro impegno con molta dedizione. La gente ci vuole molto bene. Insieme cerchiamo di rispondere alle necessità pastorali delle persone che vivono qui. Nella nostra area convivono tre gruppi indigeni: mixteco, tlapaneco e nahuas. In Messico sono presenti 68 popoli nativi, che parlano lingue diverse con circa 364 varianti. 

Da quando il Pime si è fatto carico della parrocchia sono stati fatti tanti passi avanti. Innanzitutto si garantisce la visita a tutte le comunità di montagna che, per la scarsezza del clero locale, da anni non ricevevano nessun sacerdote. Questa attenzione ha  permesso di ricollocare le comunità nel cammino della Chiesa. Confesso che all’inizio ho trovato alcune difficoltà a inserirmi perché l’attività principale (un po’ di tutta la Chiesa diocesana) si concentra in primo luogo nella celebrazione di Messe e sacramenti. In parrocchia si celebrano anche 8-10 Messe al giorno. Ciò è legato ad antiche tradizioni culturali che, purtroppo anche a causa della diffusa violenza e della delinquenza presente, fanno vivere nella paura della morte. 

Qui in Messico è cresciuta addirittura una Chiesa che venera la “Santa Morte”. Credo che anche noi del Pime, e lo dico con rammarico, in nome di un processo di inculturazione spesso poco chiaro, ci adattiamo ai costumi locali e, in tal senso, siamo poco capaci di incontrare le persone. Infatti, la gente si rivolge a noi soprattutto per le Messe, i sacramenti e le benedizioni. Spesso resta “nascosta” o ambigua la proposta di una fede integrale che abbracci tutte la realtà umane. Sin dal mio arrivo ho sentito molto forte questa discrepanza tra una fede che muove la vita e una che si muove solo in vista dei sacramenti.

Per tale motivo sto soprattutto osservando i miei confratelli che da anni vivono in Messico, per imparare e comprendere di più la cultura locale e le tradizioni e poter meglio discernere ciò che è solo «residuo di un passato», che anche qui lentamente si sta sgretolando, e per intraprendere con più profondità “percorsi” (come direbbe Papa Francesco) che permettano un autentico cammino di conversione, in cui l’“incontro con Cristo” sia il centro di ogni attività pastorale e ecclesiale. 

In parrocchia, quando posso e come posso – e con l’umiltà di chi non parla ancora adeguatamente lo spagnolo – insisto molto perché da una pastorale fondamentalmente sacramentale e autoreferenziale si avviino processi di “educazione alla fede”, con l’esercizio effettivo della “sinodalità”, a cui tanto siamo stati richiamati in questi anni. Inoltre, mi impegno molto sulla formazione delle coscienze attraverso cammini di catechesi che ci vedano impegnati non solo con i bambini (e qui sono molti!), ma anche e soprattutto con gli adulti. Vi devo confessare la mia gioia quando nell’ultima assemblea diocesana si è parlato proprio di questo, indicando l’esigenza per tutti i fedeli di un «cammino integrale che porti seriamente a un incontro con il Signore e all’adesione a Lui». 

In questo anno, sebbene anche il mio inserimento sia stato lungo e spesso in salita, non mi sono mai sentito solo. Moltissimi amici mi hanno mostrato la loro vicinanza, sostenendomi con le loro preghiere e aiutandomi anche nell’acquisto di un pick-up. 

Nelle scorse settimane poi sono stato invitato dal direttore del carcere locale a organizzare la festa dei Re Magi, che qui in Messico coincide con quella dei bambini. Per l’occasione l’intero nucleo familiare può visitare i propri cari detenuti. Mi ha accompagnato un gruppetto di donne che avevano raccolto dolci e giocattoli per festeggiare questo giorno con i piccoli. Avreste dovuto vedere i volti entusiasti dei reclusi e le loro famiglie! La festa è stata bellissima. Il Signore è molto buono con tutti noi e non ci lascia mai soli. Anche nel buio delle celle è apparso il volto splendente e pieno di luce del piccolo Gesù che mi ha portato in questa terra lontana. 

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