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Lakewood, una speranza per i subani

Da quarant’anni il Pime è accanto a questa popolazione tribale di Mindanao, in un luogo bellissimo, ma segnato da tante difficoltà. Padre Giovanni Vettoretto: «La sfida qui è dare un’alternativa all’emigrazione»

Ci sono periferie del mondo il cui volto non è affatto grigio. Possono affacciarsi su un lago bellissimo, eppure essere ugualmente segnate da un abbandono che rende difficile la vita a chi ci vive. È la storia quotidiana dei subani, le popolazioni tribali che da sempre abitano nell’area di Lakewood, la missione del Pime nella diocesi di Ipil, sulla grande isola filippina di Mindanao. Una parrocchia dedicata a Nostra Signora degli Apostoli con 13 cappelle sparse sul suo territorio, che da qualche anno sono la frontiera missionaria di padre Giovanni Vettoretto.

Cinquantasette anni, originario della diocesi di Treviso, è missionario nelle Filippine dal 1999. Ha sempre svolto il suo ministero a Mindanao, l’area più povera e densa di contraddizioni delle Filippine. «Cominciai a Sampoli con padre Ilario Trobbiani: tre anni belli, che mi hanno introdotto alla cultura e al modo di vedere le cose di questo Paese – ricorda -. Poi andai nell’Arakan dove ho trascorso quasi 14 anni. Per otto sono stato lì con padre Fausto Tentorio, il mio confratello ucciso nel 2011. Mi aveva chiesto di prendermi cura io della parrocchia, mentre lui seguiva i programmi con i manobo, la popolazione tribale locale, che allora erano molto strutturati. Tante cose su questa sua attività le ho scoperte solo dopo che lo hanno ucciso; non me le diceva, probabilmente per non esporre anche me ai pericoli…». 

Dopo l’uccisione di padre Tentorio, padre Vettoretto è rimasto ancora sei anni in Arakan; poi il Pime ha deciso di passare il testimone ai sacerdoti della diocesi di Kidapawan che oggi guidano questa comunità. Così dal 2021 – dopo un periodo di servizio nell’animazione missionaria in Italia – ha ripreso il suo ministero nelle Filippine, ripartendo da Lakewood, dove l’Istituto ormai da quarant’anni svolge il suo servizio tra le popolazioni native, gli ultimi tra gli ultimi di Mindanao. «Siamo in una zona rurale affacciata su questo bellissimo lago – racconta -. Vi abitano più di 25 mila persone tra le quali i cattolici sono una minoranza, circa il 20/25% della popolazione. La maggior parte sono tribali, lavorano la terra, senza altre grandi opportunità di occupazione: sulle colline coltivano il copras, il materiale da cui si ricava l’olio di cocco, c’è anche qualche piantagione di albero della gomma o di banane. 

Nella parte più pianeggiante, invece, ci sono le risaie. Pure qui, però, sta arrivando la meccanizzazione con ricadute pesanti sui braccianti: la maggior parte dei giovani non trovano lavoro; con tre piccole mietitrebbie ormai tre persone fanno quello che prima facevano in cinquanta…». 

In un contesto che non offre grandi alternative, il risultato non può che essere l’emigrazione: «Vanno nelle cittadine più grandi – spiega il missionario del Pime – come può essere Pagadian che si trova a una cinquantina di chilometri in questa stessa provincia di Zamboanga do Sur. Oppure a Davao o a Manila, a seconda di dove vivono i parenti da cui possono essere alloggiati. E poi c’è chi parte per andare all’estero». 

Genitori con figli in giro per il mondo e viceversa, come un po’ dappertutto nelle Filippine, con moltissime famiglie divise. «A volte sono situazioni temporanee – continua padre Giovanni -: stan­no fuori otto o dieci anni, poi tornano con quello che hanno raggranellato per costruirsi una casa o per comprare un pezzo di terra. Altri ci mettono di più, anche 25 anni. O non tornano per niente. La cosa peggiore capita quando chi è fuori si accorge che i soldi che manda non vengono utilizzati come era stato concordato. Hanno la sensazione di essere stati ingannati, tra marito e moglie, o figli con genitori».

Anche per via di queste ferite Lakewood resta una frontiera importante per il Pime: «A iniziare la nostra presenza qui fu padre Fernando Milani nel 1985. Poi dal 1989 al 2002 tra questa gente ha vissuto padre Angelo Biancat che ha fatto tanto per i subani: ha messo in piedi la loro organizzazione, ha registrato una cooperativa agricola, ha costruito anche una casa di formazione per queste comunità». Alla morte di padre Biancat l’opera è stata proseguita da padre Stefano Mosca, oggi superiore regionale del Pime per il Sud Pacifico. Lo ha fatto guardando al contesto che già stava cambiando: per esempio nei primi anni Duemila ha dato vita al Tesda, un centro di formazione professionale per permettere anche a chi vive qui di ottenere quei diplomi che possono offrire un’opportunità: corsi di sartoria, per cuochi, autisti, informatici…

Anche questa realtà, però, ha dovuto fare i conti negli ultimi anni con le gravi difficoltà create dalla stagione del Covid: tutto si è fermato, molti insegnanti sono stati costretti a cercarsi un altro lavoro. Ora padre Vettoretto sta facendo ripartire le attività a Lakewood, rimettendo a posto gli ambienti della missione e concentrandosi soprattutto sull’istruzione media e superiore, grazie al sostegno a distanza reso possibile dal contributo di tanti donatori della Fondazione Pime. «Nell’offrire questo aiuto non guardiamo a chi è cattolico e chi non lo è – racconta -. Molti tribali che lo chiedono per far studiare i propri figli non sono cattolici, ma sono tra i più attivi nel partecipare agli incontri che mensilmente proponiamo con le famiglie». 

«Tra le cose più belle che sto vedendo in questa terra c’è la solidarietà tra i tribali – continua padre Giovanni -. Non si ferma al clan: loro non guardano alla carta di identità o alle barriere religiose, ma a chi ha bisogno o chi ha qualcosa da insegnare. Sono molto accoglienti anche nei nostri confronti; alla vita delle nostre comunità cattoliche c’è una buona partecipazione. Riesco ad arrivare in tutte le cappelle una domenica al mese per i sacramenti, ma in ciascuna gruppi di laici portano avanti le attività. Agli studenti diciamo: in qualsiasi posto andrete a continuare la scuola cercate il gruppo di pastorale giovanile. E vedo che molti lo fanno. Quando poi ritornano qui a Natale ogni anno fanno un’assemblea: lo hanno chiesto loro, sono ormai più di 200».

«I subani hanno la loro cultura, cercano di tenerla viva – aggiunge ancora il missionario del Pime -. Ma il problema vero sono i politici che li mettono l’uno contro l’altro, con i propri interessi. Fino a poco tempo fa qui c’era addirittura un ospedale costruito per trequarti il cui cantiere è rimasto fermo per anni perché a volerlo era stato il candidato che poi ha perso le elezioni. Per fortuna al mandato successivo è tornato in carica, così adesso almeno questa struttura è finita e funziona».

In 25 anni padre Vettoretto ha visto cambiare tante cose nelle Filippine. «Ci sono stati passi avanti – racconta -. L’imperativo dell’amministrazione Duterte è stato costruire, costruire, costruire… Tante strade le hanno fatte, anche se lo sviluppo arriva sempre con lentezza, a causa della corruzione. Ma anche quando arriva qualche confort si rischia di lasciare indietro la parte umana e spirituale di vita: corri e ti dimentichi di chi hai a fianco». Lo stesso inverno demografico comincia ad affacciarsi persino qui: «Nelle famiglie diminuiscono i figli: quelle nuove non ne hanno più di due. Non è più come venti o trent’anni fa: la gente ha paura, le spese sono tante».

Per i suoi subani oggi ha un sogno ben preciso: «Vorrei che potessero trovare delle opportunità di vita qui a Lakewood – spiega padre Vettoretto -. Non è questione di aiutarli a casa loro, ma di renderli liberi di scegliere il proprio futuro. Meritano di poter gustare una vita meno disgregata. Anche come Chiesa dobbiamo fare la nostra parte, aiutare di più. Non è facile, certo; ma dobbiamo dare una possibilità di guadagnarsi pane e riso anche qui. Poi magari sceglieranno lo stesso di andare dove vogliono. Ma sarà una decisione libera, non una necessità com’è oggi». 

LA CAMPAGNA PIME

La solidarietà con le popolazioni tribali di Mindanao è uno degli obiettivi della campagna a favore delle missioni nelle Filippine promossa quest’anno dal Centro Pime. È possibile sostenerla con una donazione alla Fondazione Pime secondo le consuete modalità indicate qui, specificando la causale S150 – Filippine25. Un ponte per ogni isola.

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