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La “chitarra del mare” suona note di speranza

Costruita dalle persone detenute del carcere di Secondigliano con i legni delle barche dei migranti, la “chitarra del mare”, promossa dalla Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti, ha iniziato un viaggio senza fine in Italia e nel mondo

È partita da Milano, ma toccherà anche l’Amazzonia brasiliana, le periferie di Buenos Aires, gli slum di Nairobi e i quartieri più poveri di Hong Kong. Farà tappa in tante parrocchie e realtà italiane, ma anche nelle chiese della Turchia e nelle carceri di tutto il mondo. È la “chitarra del mare”, realizzata dalle persone detenute del carcere di Secondigliano a Napoli con i legni delle barche dei migranti. Un piccolo strumento dal grande significato. Racconta storie di persone con vissuti di disagio, sofferenza ed emarginazione. Ma contiene anche un messaggio forte di speranza e di riscatto. L’iniziativa è della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti di Milano, nell’ambito del progetto “Metamorfosi”, che coniuga arte, fede, impegno sociale e apertura al mondo.

La chitarra ha iniziato il suo percorso l’8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione, nella chiesa milanese del Sacro Cuore di Gesù alla Cagnola, e ha già toccato varie realtà italiane. «In ogni occasione vengono raccontati la sua storia, il legno con cui è stata realizzata, le mani che l’hanno costruita. Ma si pone l’accento anche sulle povertà del contesto in cui viene suonata. E si suscitano delle domande: come possiamo stare vicini ai poveri, agli oppressi, ai dimenticati? Queste sono alcune delle istanze che la chitarra del mare porta con sé». A entusiasmarsi è Arnoldo Mosca Mondadori, presidente della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti, che sta portando avanti questo progetto, in collaborazione con la Fondazione San Gennaro di Napoli, promossa da don Antonio Loffredo, e con l’ensemble giovanile “Tornaccantà”, che utilizza gli strumenti realizzati dalla liuteria del carcere di Secondigliano. Uno di questi viene suonato anche dal grande artista britannico Sting, che per la prima volta si è esibito proprio dentro il carcere napoletano nel novembre del 2023.

«La chitarra del mare – continua Mosca Mondadori – ha iniziato il suo cammino in alcune parrocchie e carceri italiane, ma poi passerà di mano in mano, una sorta di staffetta che la porterà a chiunque la chiederà, anche ai non credenti, ai fedeli di altre religioni, nei luoghi sconosciuti come sui palcoscenici dei massimi artisti. Non a caso tutto questo accade nell’anno del Giubileo. Ogni parrocchia, monastero, scuola, centro culturale, associazione, ospedale può chiedere che la chitarra faccia tappa nella propria realtà e porti un messaggio di speranza».

Alcune richieste sono già arrivate anche da varie parti del mondo. Hanno infatti aderito all’iniziativa padre Adrian Ben­nardis, responsabile per l’infanzia e l’adolescenza a rischio dell’arcidiocesi di Buenos Aires, e diversi sacerdoti dei barrios della capitale argentina. Ha dato la sua disponibilità padre Kizito Sesana, che celebrerà la Messa con la chitarra nelle baraccopoli di Nairobi: «A Kibera – dice il missionario – vivono circa 500 mila persone con mezzo dollaro al giorno. Il suono che scaturisce da un legno così carico di umanità, come lo è quello della croce di Cristo, attira tutti a sé e redime il dolore del mondo. Quello che porteremo a Kibera sarà un canto di rinascita e di liberazione, un grido di dignità per tante madri che faticano a nutrire i loro figli, per i giovani che sognano una vita migliore, per gli anziani che vengono trattati come scarti».

All’iniziativa hanno aderito anche alcuni missionari del Pime. Tra questi, padre Stefano Mosca, che da molti anni opera nelle periferie più degradate di Manila, nelle Filippine (e che ci accompagna nel corso di questo 2025 con la rubrica “Pasasalamat”, cfr. p. 45). Sempre in Asia, la chitarra arriverà a Hong Kong, dove ad accoglierla ci sarà padre Franco Mella che da molti anni celebra la Messa nei quartieri più poveri della metropoli. «Ancora oggi migliaia di fratelli e sorelle sono in carcere, per aver creduto all’accoglienza e alla democrazia. Suonando la chitarra, ci uniremo idealmente a tutti coloro che sono in prigione e a quelli che cercano la salvezza».

In America Latina, sarà invece padre Sisto Magro, responsabile della pastorale della terra della diocesi di Macapá, a far risuonare la chitarra nell’Amazzonia brasiliana: «Le popolazioni della foresta – ci dice – sono continuamente minacciate e defraudate della loro terra, e subiscono abusi, minacce, violenze ed espropri. Eppure, nonostante questi drammi, sono sempre pronte a condividere sofferenze e gioie. Lo fanno in particolare con la musica e con il canto, che contribuiscono a consolidare il senso di comunità. Per questo sarà una grande gioia e un onore accogliere la chitarra realizzata da persone detenute con i legni delle barche dei migranti. Ci farà sentire in comunione con altri che hanno vissuto o stanno vivendo pure loro situazioni difficili, ma che tengono viva una luce di speranza». 

Non potevano mancare la Terra Santa, segnata dalla guerra, dove la chitarra arriverà all’Istituto Magnificat di Gerusalemme, e la Turchia, dove verrà accolta dal vicario apostolico di Istanbul, monsignor Massimiliano Palinuro: «La chitarra dei migranti e dei rifugiati è il segno che il dolore può diventare musica e la musica può diventare un grido d’aiuto rivolto al Signore. La nostra comunità martire e in diaspora che vive in Turchia è in buona parte costituita da rifugiati e detenuti. Il suono di questa chitarra nelle nostre assemblee ricorderà che c’è sempre una via di riscatto che spalanca le porte al futuro». 

(Info: casaspiritoarti.it

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