Skip to main content

Ragazze contro il “taglio”

In occasione della Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili, il 6 febbraio, le storie di due donne speciali che, in Senegal e Kenya, si sono ribellate alla pratica e sono riuscite a cambiare le vite di migliaia di bambine

Oggi, Woppa Diallo è una donna di successo. Avvocatessa specializzata in Diritti umani e attivista contro le violenze di genere, nel 2023 si è aggiudicata, insieme al marito Mame Bougouma Diene, il prestigioso Premio britannico Caine per la letteratura africana, con un racconto ispirato alla sua esperienza personale. Vent’anni fa, tuttavia, Woppa era solo una ragazzina cresciuta in una cittadina del Senegal nordorientale, Matam, in un contesto di cultura peul e religione musulmana ai confini con il Mali dove per le adolescenti era prevista una sola strada: sposarsi presto e avere figli. 

Un giorno, quando aveva dodici anni, la zia la portò a trovare un’amica di famiglia in un villaggio della regione. Mentre entrava in casa della donna, Woppa incrociò una ragazza in lacrime: non ebbe nemmeno il tempo per capire la situazione e si ritrovò in una stanza vuota, ad eccezione di una ciotola colma di lamette. La mammana chiuse la porta e la immobilizzò, con l’aiuto di un’assistente che, per impedirle di fuggire, le si sedette sul ventre. Incapace di respirare, la bambina svenne, e poco dopo fu sottoposta a mutilazione genitale femminile (Mgf), una pratica tradizionale ancora diffusa in diverse aree del mondo – in particolare in Africa e Medio Oriente – che comporta la rimozione parziale o totale dei genitali esterni delle ragazze e, in alcuni casi, la loro cucitura (infibulazione).

«Fu una tortura», afferma oggi la donna, che ha raccontato: «I tre anni successivi furono molto difficili per me, provavo una rabbia estrema nei confronti delle persone». Era la rabbia di chi non riusciva a concepire come una comunità potesse non solo relegare la sua componente femminile in un ruolo subalterno nei confronti degli uomini ma, per farlo, ne violasse i diritti e il corpo fin nell’intimità, con la giustificazione che una ragazza “non tagliata” sarebbe impura, propensa alla promiscuità e dunque inadeguata al matrimonio. Per questo si accettavano le terribili conseguenze di una tradizione che a Matam coinvolge tra il 60% e il 79% delle donne: infezioni a volte mortali, gravi traumi psicologici, complicanze al momento del parto, dolori lancinanti per tutta la vita.

Eppure, Woppa è stata in grado di trasformare la sua collera in energia per cambiare le cose. Un giorno – aveva quindici anni – al ritorno in classe dopo le vacanze notò che molte delle sue compagne erano assenti: le fu detto che si erano sposate e dunque non avevano più tempo per frequentare le lezioni. Fu in quel momento che capì quanto proprio l’istruzione fosse non solo un diritto di cui le sue coeta­nee non potevano venire private, ma anche l’unica via per aiutarle a emanciparsi e a ribellarsi a una cultura che le schiacciava. E così, con l’aiuto di alcune amiche, fondò Amfe, Association pour le Maintien des Filles à l’Ecole, che puntava appunto a mantenere le ragazze a scuola in una regione con il tasso di alfabetizzazione femminile più basso di tutto il Senegal.

Da allora, Amfe ha promosso interventi concreti, come l’accoglienza per le studentesse che abitano in villaggi lontani, e iniziative per sensibilizzare allieve e genitori su temi come le opportunità professionali per le ragazze, ma anche per sfatare i miti sulla rilevanza religiosa e culturale delle mutilazioni genitali femminili. Oggi l’associazione conta oltre 250 attiviste – la maggior parte delle quali frequentano le scuole superiori e l’università – ed è presente in 14 villaggi. E funziona perché opera dall’interno: «L’orga­nizzazione – spiega Diallo – è parte della comunità. Siamo tutte figlie, nipoti, pronipoti di qualcuno: le persone sono obbligate ad ascoltarci».

La scelta di cambiare le cose da dentro, negoziando con la cultura e le tradizioni che impregnano il proprio contesto, caratterizza anche l’impegno di un’altra donna speciale: la keniana Nice Nailante Leng’ete, nata 34 anni fa in uno sperduto villaggio masai al confine con la Tanzania. Rimasta orfana molto presto, a soli nove anni Nice si rifiutò di subire l’infibulazione, la forma più devastante di mutilazione genitale, diffusa nella regione. Con l’aiuto della sorella maggiore, fuggì dal villaggio e iniziò una vita da “reietta”, ma grazie a una forza fuori dal comune riuscì, attraverso anni di incontri con i leader uomini della sua comunità, a convincerli dell’opportunità di interrompere un uso che aveva gravi conseguenze sanitarie e sociali per l’intera collettività.

Ad oggi, questa giovane coraggiosa ha salvato quasi ventimila ragazze dal “taglio”, una violazione che nel mondo è stata subita da 200 milioni di donne e persino bambine molto piccole. Una delle chiavi del suo successo è stata la scelta di promuovere riti di passaggio alternativi, simbolici e non cruenti, che mantenessero i valori della tradizione e sancissero l’ingresso nella vita adulta della comunità senza però violare i diritti delle donne. Proprio questa strategia è diventata la base dell’azione della ong Amref Health Africa, di cui Nice è oggi ambasciatrice mondiale contro le mutilazioni genitali femminili: restano intatte alcune usanze tipiche, come balli e canti, ma la mutilazione è sostituita dal dono dei libri scolastici. 

«Lotto affinché ogni ragazza possa diventare la donna dei propri sogni», ripete Nice, oggi portavoce di una campagna globale il cui obiettivo è abolire le mutilazioni genitali femminili entro il 2030. Nel frattempo, nella contea keniana del Kajiado ha inaugurato un Centro di accoglienza-Girls Acade­my aperto alle bambine che rischiano di essere circoncise o promesse in spose prematuramente.

L’impegno di donne speciali come Woppa e Nice, ma anche di innumerevoli reti di base, sta portando avanti un cambiamento di mentalità in molte regioni in cui l’uso di mutilare le ragazze era radicato, e oggi 23 Paesi africani hanno leggi nazionali che vietano le Mgf. 

Restano le sfide e i divari nell’applicazione di queste norme: nelle zone rurali remote, dove la pratica è più diffusa, la consapevolezza delle persone è spesso scarsa e i funzionari di polizia o governativi, che dovrebbero sanzionarla, sono pochi. Per non parlare dei casi in cui le stesse forze dell’ordine, così come i leader politici e comunitari locali, continuano a sostenere gli abusi per ragioni di “tradizione”, status o vantaggi economici. Per questo resta fondamentale agire non solo sul piano legislativo ma anche a livello di società civile e di media, così da portare avanti un messaggio culturale univoco. E poi, è importante non abbassare la guardia. Lo ha dimostrato, lo scorso luglio, la vicenda del Gambia, dove una campagna guidata da religiosi conservatori ha portato il Parlamento a votare per abrogare il divieto di mutilare le ragazze, in vigore dal 2015. Per fortuna, grazie all’attivismo di realtà di base come l’Associazione delle avvocatesse del Gambia (Flag), la misura non è passata: un messaggio importante anche fuori dai confini del Paese, in un momento in cui la vicina Sierra Leone e la Liberia stanno discutendo a loro volta il divieto della pratica. 

Per Rose Sarr, rappresentante nazionale per il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, l’aspetto positivo del dibattito divampato nel Paese la scorsa estate è che la questione è esplosa allo scoperto: «Prima, era qualcosa di cui non si sarebbe discusso – ha commentato -. Le donne avrebbero sofferto in silenzio».

Articoli correlati

Missionarie e laici un legame vincente

Icona decorativa28 Febbraio 2025
Icona decorativaChiara Zappa
Nella cittadina di Antônio Gonçalves, nello Stato brasiliano di Bahia, il Gruppo dei laici legati alle Missionarie de…

Basta favori ai mercanti di armi!

Icona decorativa26 Febbraio 2025
Icona decorativaRedazione
Condividiamo l’appello rivolto al governo dalla Campagna di pressione alle “banche armate” affinché non venga s…

Il dono dei campesinos agli ultimi del Bangladesh

Icona decorativa26 Febbraio 2025
Icona decorativaNicola Nicoletti
La Chiesa di Ibarra in Ecuador sta contribuendo alla costruzione di un ostello per le ragazze dei villaggi più poveri…