EDITORIALE
Si capirà forse prima o poi che la risposta al problema migratorio passa per un’iniziativa globale e internazionale centrata sull’etica della responsabilità e della solidarietà soprattutto in economia, più che su misure occasionali e disarticolate
Il messaggio di Papa Francesco per la cinquantunesima Giornata mondiale della pace il 1° gennaio torna in modo articolato sul tema “Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace”. Occorre infatti cogliere la complessità del fenomeno alle origini, pur non essendo facile intervenire sulle cause, che sono politiche, economiche e ambientali. Intricati meccanismi di interessi e suscettibilità ancestrali sono il motivo di tanti eccidi africani. Lo scontro politico-religioso dilania il mondo musulmano dall’interno, soprattutto in Medio Oriente e Nord Africa. L’Occidente e la Russia intervengono pesantemente nei conflitti a difesa dei loro interessi economici e delle loro posizioni strategiche. La Cina non attacca militarmente nessuno, ma discretamente si accaparra una fetta sempre più ampia della ricchezza del mondo sviluppato e delle risorse naturali dei Paesi poveri, in combutta con le élite politiche locali. Queste non redistribuiscono i proventi in educazione, sanità e sviluppo per i propri concittadini. Le conseguenze di guerre e politiche economiche spregiudicate – nonché del cambiamento climatico – hanno un impatto devastante sull’ambiente, rendendolo inquinato, improduttivo, inabitabile; e provocando ulteriori flussi migratori.
Le sfide non sono da poco. Eliminare o ridurre gli armamenti significa togliere immensi guadagni alle imprese insieme al lavoro e al pane (amaro) a milioni di famiglie. E poi come evitare la guerra in presenza ancora oggi quasi ovunque di forti divisioni ideologiche, etniche, tribali, culturali, religiose? Come trattare e accordarsi per la giusta distribuzione delle risorse naturali, dell’agricoltura o della pesca? Con quale formula di accordo multilaterale intervenire in un Paese indipendente non per impedire ai politici locali di governare, ma per vigilare su possibili e probabili pratiche totalitarie, di corruzione o di favoritismo?
Si capirà forse prima o poi che la risposta al problema migratorio, dal punto di vista dell’accoglienza e dell’integrazione, ma soprattutto della prevenzione del fenomeno (perché ognuno ha diritto di vivere nella propria terra e di spostarsi solo per libera scelta), passa per un’iniziativa globale e internazionale centrata sull’etica della responsabilità e della solidarietà soprattutto in economia, più che su misure occasionali e disarticolate.
Solo così i due “patti globali” (uno per le migrazioni sicure, l’altro per i rifugiati) – che Papa Francesco nel messaggio per il 1° gennaio si augura che le Nazioni Unite possano finalizzare e rendere operativi nel corso del 2018 – potranno sortire un qualche risultato concreto. Accordi da cui gli Stati Uniti del presidente Donald Trump, però, si sono già sfilati il 2 dicembre scorso. Ma come risolvere i problemi globali se ognuno pensa solo alle proprie frontiere, si chiude nel suo egoismo nazionale e si sottrae allo sforzo comune?