L’albero della vita

L’albero della vita

Un nuovo progetto del Pime in Camerun prova a valorizzare la polvere delle foglie di moringa, una pianta che cresce localmente, come risposta alla malnutrizione dei bambini, che colpisce ancora il 40% dei piccoli

 

Il numero delle persone malnutrite nell’Africa subsahariana è passato dai circa 90 milioni del 1970 ai circa 325 milioni di oggi. Solo pochi Paesi della regione hanno fatto registrare progressi. Al contrario, la maggior parte ha segnato una regressione: molti hanno più del 40% dei propri bambini con livelli di malnutrizione preoccupanti. Questa situazione provoca un’elevata mortalità sotto i cinque anni; e anche i sopravvissuti hanno un’aspettativa di vita di circa cinquant’anni, cioè almeno trent’anni in meno rispetto ai Paesi più industrializzati.

In Camerun, in sei regioni su dieci il tasso di ritardo della crescita e della malnutrizione cronica è superiore al 30%. Nella nostra regione dell’Estremo Nord, sale addirittura al 40%. Eppure il Paese non è in grado di affrontare seriamente il problema del ritardo nella crescita. Rispetto agli altri minori, i malnutriti sono più vulnerabili alle malattie mortali e potenzialmente evitabili. Un bambino malnutrito ha 4,6 volte più probabilità di morire di diarrea, e 3,2 volte più probabilità di morire di polmonite di un bambino in piena salute. Uno dei problemi principali è l’alta incidenza della malaria (che colpisce il 30% dei bambini sotto i 5 anni), così come le infezioni e l’inadeguato apporto di alimenti ricchi di proteine e minerali.

Si ritiene che la povertà endemica nelle zone rurali e la debolezza dei sistemi sanitari siano le cause principali dell’insicurezza alimentare e nutrizionale in Africa, che colpisce soprattutto i bambini e gli anziani. In molte situazioni d’emergenza umanitaria, le agenzie internazionali delle Nazioni Unite intervengono per combattere l’insicurezza alimentare e la malnutrizione fornendo degli integratori importati come le confezioni di Plumpinut o Cereals +. Questo permette certamente di ridurre sensibilmente la perdita di vite umane, ma a quale costo? Quando queste organizzazioni se ne andranno, sarà ancora possibile continuare la lotta alla malnutrizione con gli stessi prodotti? Evidentemente no, perché sono costosi e devono essere importati. È quindi essenziale trovare rapidamente una soluzione locale che sia praticabile, disponibile e a costi ragionevoli. Un’alternativa è possibile grazie alla valorizzazione dell’albero di moringa, risorsa con grandi proprietà proteiche e nutrizionali, già presente negli ambienti tropicali africani, ma poco conosciuto e utilizzato. Basterebbe sostenere la diffusione di questa pianta per risolvere molte situazioni di malnutrizione. Il “progetto pilota“, che stiamo avviando da qualche mese, consiste proprio nel costruire la soluzione con la popolazione locale.

Il programma prevede di utilizzare inizialmente 10 mila alberi di moringa, e di piantarli con il contributo attivo di 3 mila donne, scelte tra coloro che hanno figli sotto i 5 anni. A ciascuna di loro verranno donate 3 pianticelle di moringa da collocare nel proprio cortile. Per favorirne l’utilizzo sacchetti con 50 grammi di polvere di moringa, prodotti dalle foglie essiccate della pianta, vengono venduti al modesto prezzo di 80 centesimi. Ogni sacchetto corrisponde a 10 giorni di dose preventiva alla malnutrizione per un bambino. L’obiettivo è sostenere i loro figli e vendere il surplus della produzione sul mercato locale. Se si pensa al costo dei prodotti importati per combattere la malnutrizione, è un’alternativa che ha grossi vantaggi a livello sociale ed economico.

In questi anni di impegno nei progetti di emergenza umanitaria e di sviluppo nell’Estremo Nord del Camerun, molti sono gli interrogativi che restano tuttora aperti sui metodi e le soluzioni applicati. Le recenti encicliche Fratelli tutti e Laudato si’ ci aiutano a dare risposte adeguate alla realtà attuale in un’ottica cristiana. Gli organismi internazionali spesso fondano le loro azioni su una visione di “efficacia immediata”, con il rischio di dimenticare una prospettiva a lungo termine che si preoccupi del bene delle popolazioni attuali e future.

Giustamente Papa Francesco nella Laudato si’, pone le basi del nostro impegno per e nella «casa comune» cominciando dal «riconoscere i diritti degli altri», per sfociare in un «percorso etico e spirituale» che, attraverso vari aspetti dell’attuale crisi ecologica, faccia tesoro anche dei «migliori frutti della ricerca scientifica oggi disponibile». Quindi le parole del Papa ci invitano a valorizzare i risultati delle esperienze e del progresso scientifico, adattandoli alle diverse situazioni di vita per il bene di tutti. «Ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino educativo». Questo significa che a volte bisogna non accontentarsi delle soluzioni già confezionate, ma ricercarne di nuove, più coerenti con i valori proposti dall’enciclica.

Nei sei capitoli del testo, il Papa evidenzia che la nostra terra, maltrattata e saccheggiata, richiede una «conversione ecologica», un «cambiamento di rotta» affinché l’uomo si assuma la responsabilità di un impegno per «la cura della casa comune». Impegno che include anche lo sradicamento della miseria, l’attenzione per gli indigenti, l’accesso equo, per tutti, alle risorse del pianeta. Leggendo queste parole mi sono chiesto logicamente: che cosa faccio io per evitare di aggravare la situazione e migliorare la nostra casa comune? Essendoci posti la questione di come affrontare la «malnutrizione dei bambini» partendo dai valori della solidarietà e di una ecologia integrale, assieme ai miei collaboratori del Codas Caritas della diocesi di Yagoua, abbiamo iniziato a guardarci attorno e ricercare soluzioni a breve e medio termine. Per questo ci siamo concentrati sui prodotti dell’albero di moringa, chiamato anche «albero della vita».

Ma se questa pianta cresce da tempo nei nostri territori, perché la popolazione non lo utilizza ancora? Per due motivi: da una parte la mancanza di una conoscenza approfondita delle sue proprietà nutritive e medicinali, e dall’altra la mancanza di formazione sulle tecniche di produzione e di trasformazione del prodotto. Tutte cose che in altri Paesi sono già ben conosciute e diffuse. Abbiamo scoperto, ad esempio, che l’utilizzo delle sementi di moringa per purificare e rendere potabile l’acqua raccolta negli stagni è un metodo utilizzato nella valle del Nilo in Egitto fin dai tempi dei faraoni. Partendo da queste constatazioni abbiamo verificato con alcune comunità rurali se l’utilizzo di questi prodotti sarebbe stato accettato e apprezzato. Le risposte sono state incoraggianti e quindi abbiamo deciso di impegnarci nella promozione e volgarizzazione della pianta di moringa.

Originaria dell’India settentrionale, la moringa è ora acclimatata in tutte le regioni tropicali, compreso il Camerun. Cresce rapidamente ed è resistente alla siccità, il che offre molte opportunità di sviluppo e ricchezza per gli agricoltori. È commercialmente utilizzabile già sei mesi dopo la semina. Le sue foglie vengono raccolte ogni due mesi. In termini di valore nutrizionale (circa 90 sostanze nutritive e 46 antiossidanti) la moringa è un concentrato di proteine, vitamine e oligoelementi che nutrono sia l’uomo sia gli animali. Il soprannome di “albero della vita” o “albero dei miracoli” non è rubato: utilizzato per secoli nella medicina ayurvedica indiana, che gli attribuisce il potere di combattere più di 300 malattie, tra cui raffreddori, diabete, colesterolo, ipertensione o di stimolare il sistema immunitario.

Sappiamo bene che oggi in Africa le missioni non sono più le sole realtà impegnate nello sviluppo e nei progetti di urgenza umanitaria: nell’ultimo secolo sono sorte molte altre organizzazioni, nazionali e internazionali, come le Nazioni Unite, le ong, gli organismi di volontariato o di cooperazione internazionale, le fondazioni a scopo umanitario, che dispongono di mezzi e tecniche a volte molto più all’avanguardia dei nostri. In questo panorama, c’è il rischio che le realtà missionarie perdano parte della loro efficacia. Al contrario, i valori e le prospettive riproposte dalle encicliche Fratelli tutti e Laudato si’ devono fornire nuovi spunti di soluzione alle problematiche sollevate dalla crisi sociale ed ecologica mondiale.

Quello della malnutrizione è uno dei molti ambiti in cui possiamo impegnarci collaborando e confrontandoci con le altre realtà, per proporre alternative non solo tecniche, ma anche metodologiche ed etiche. La nostra piccola esperienza ci sta dimostrando quanto sia difficile far cambiare gli orientamenti degli interventi degli organismi internazionali delle Nazioni Unite. Non è tanto il metodo a frenare, quanto i grossi interessi economici che si nascondono dietro le urgenze umanitarie. Il nostro impegno prioritario è quello di realizzare soluzioni alternative, investendo in metodi semplici e poco costosi utilizzati dalla popolazione locale. Speriamo in questo modo di poter dare un piccolo contributo nel prenderci cura della casa comune.