«Akwaba! Benvenuti in Africa!» Per tutto il 2023 padre Anand Krishna Mikkili ci accompagnerà con la sua rubrica dalla Costa d’Avorio, in occasione dei 150 anni di presenza del Pime nel Paese africano
Essendo indiano, parlo telugu; avendo studiato al seminario di Monza ho dovuto imparare l’italiano; arrivato come missionario in Costa d’Avorio ho cominciato a parlare francese. Ho fatto esperienza di diversi idiomi e cerco di non dimenticare che ogni cultura genera una lingua e ogni lingua esprime una cultura. È quello che sto sperimentando pure qui, in particolare nella regione di Bouaké, abitata in maggioranza dal popolo baoulé; anche quando si usa il francese, il vocabolario è arricchito di parole o di espressioni tipiche della cultura locale e del modo di vivere il tempo, lo spazio e le relazioni. Una delle espressioni più tipiche, ad esempio, è: «Ça va aller» («Andrà tutto bene»).
La mia giornata è spesso fatta di molti incontri, scambi e saluti, oltre al lavoro pastorale e pedagogico. Quando sono stanco o quando dimentico il senso di essere in questa missione, faccio un giro nel villaggio a piedi. Tutti salutano chiamandomi: «Mon père!». È vero, verissimo, che mi sento loro padre e che loro sono i miei figli. E così io riscopro anche perché sono qui.
Mi è capitato, durante uno dei miei giri, di parlare con un uomo di circa quarant’anni. Fa il contadino e ha una piccola piantagione di anacardi e peperoncini, che è tipica della nostra zona. Purtroppo, da qualche anno, i raccolti di peperoncini sono meno abbondanti e la sua situazione non è molto buona. Mi ha spiegato che una malattia delle piante ha raggiunto la nostra zona e ha distrutto tutta la piantagione. È un fenomeno che si verifica da quattro anni.
Anche quest’anno, nonostante tutti i suoi sforzi, le prospettive non sono buone e il suo volto si è rattristato. Quando invece gli ho chiesto degli anacardi la sua espressione è cambiata e il sorriso è tornato sulle sue labbra. Mi racconta che si aspetta un buon raccolto, perché vede che il clima è favorevole e i fiori germogliano. Ha lavorato bene la terra e spera per il meglio. È contento e ne approfitto per provocarlo scherzosamente: «E se andasse male, come l’anno scorso?». La sua risposta è stata immediata: «Ça va aller, mon père!», mi ha detto con un sorriso.
«Ça va aller!» vuole dire semplicemente che andrà tutto bene. Perché lui crede nel futuro. Non sa cosa gli riservi, ma non perde la speranza. Anche qui, del resto, si crede che è l’ultima a morire. Nonostante le incertezze, lui crede nella natura, crede nel suo lavoro, crede in Dio e nel futuro. Ecco la vita semplice degli abitanti del mio villaggio che non perdono mai la speranza.
E allora, insieme ai miei contadini di Ouassadougou, vorrei augurarvi che la speranza doni un nuovo senso al nostro vivere! E non dimenticate: «Ça va aller!».