Nedo la vita dopo Auschwitz

Nedo la vita dopo Auschwitz

In occasione della Giornata della memoria, un monologo al Teatro Pime di Milano ripercorre la vicenda del sopravvissuto Nedo Fiano

 

«Questo monologo è figlio di una presa di coscienza: i testimoni delle deportazioni e della Shoah ancora in vita sono pochi e ormai è giunto il momento per noi di farci carico della memoria». Così Antonio Roma spiega la genesi del monologo Nedo, da lui diretto e interpretato, che sarà presentato al Teatro Pime di Milano venerdì 27 gennaio (alle 21), in occasione della Giornata della memoria. Un lavoro che ripercorre la storia di Nedo Fiano, sopravvissuto alla detenzione nel campo di concentramento di Auschwitz e tra i più attivi testimoni in Italia dell’orrore dell’Olocausto fino alla sua morte, a 95 anni, nel 2020.

«Nedo è il racconto degli ebrei e degli antifascisti costretti a vivere l’incubo della persecuzione e della deportazione nei carri bestiame, imprigionati nei campi di concentramento e di sterminio, uccisi nelle camere a gas e bruciati nei forni crematori.
Ma è anche il racconto dei Giusti che molte vite hanno salvato e di chi è sopravvissuto alla fame, alla morte dei propri cari, all’orrore dei campi e nonostante la sofferenza e la disperazione ha trovato la forza di testimoniare, perché una società senza memoria è una società smarrita», continua Roma, che ha scritto il testo di teatro civile insieme a Alessandra Dondi, Alice Ponti e Matilde Dalla Piazza.

Il monologo, pensato prima di tutto per i ragazzi, gode del patrocinio di diverse realtà milanesi che si occupano proprio di educare alla memoria e all’antirazzismo le nuove generazioni: Fondazione Gariwo – la foresta dei Giusti, Fondazione Memoriale della Shoah, Aned (Associazione nazionale ex deportati campi nazisti), Fondazione Memoria della Deportazione e Educare alla Bellezza – EdaB ARte.
Sul palco, l’attore interagisce con una ballerina che ha il compito, attraverso la danza, di raccontare le diverse fasi della deportazione e della vita nei campi. La voce narrante, che non impersona Nedo Fiano ma ne ripercorre la storia in terza persona, allarga lo sguardo anche al contesto storico del primo Novecento e delinea i luoghi della memoria della Milano di allora e di oggi, per fare luce anche sull’impegno di chi non smette di coltivare il seme dell’antifascismo e della tolleranza.