In ricordo di Andrew morto per un’otite

CRONACHE DELL’ALTRO MONDO
Senza medici, attrezzature e medicinali, spesso nelle aree rurali il diritto alla salute non e garantito, specialmente ai più poveri

 

Andrew, 11 anni, si è sempre distinto in parrocchia per il suo sorriso e la sua intraprendenza nell’aiutare gli altri. Dopo qualche settimana di assenza dalla missione, un venerdì pomeriggio decide di venire a salutarmi e, dopo un’oretta, concludiamo la nostra chiacchierata dandoci appuntamento per l’incontro dell’infanzia missionaria, il giovedì successivo. A quel giorno però non è mai arrivato, perché una banale otite ha spezzato la sua vita, lasciando un vuoto grande. La storia di Andrew, purtroppo, non è un caso isolato qui in Papua Nuova Guinea, dove talvolta la vita sembra attaccata a un filo troppo sottile.

Nelle zone rurali, nei piccoli ospedali e dispensari, non sempre è presente la figura del medico. I medicinali scarseggiano così come le attrezzature per far fronte alle necessità basilari. Una frattura, un’appendicite, un’otite sovente non trovano cure adeguate in loco e bisogna recarsi in città, a più di un giorno di viaggio.
Sebbene nella capitale e nelle principali città la situazione sia migliore, spesso per la gente comune le visite specialistiche sono inaccessibili perché vengono realizzate in strutture private. E in generale il diritto alla salute non è garantito, specialmente ai più poveri.

Hiv/Aids, tubercolosi, malaria e poliomielite sono in aumento e per far fronte a tutto ciò il governo ha intrapreso da qualche anno una campagna sia di prevenzione che di vaccinazione. L’avvento della pandemia di Coronavirus ha messo ulteriormente in luce le fragilità del sistema sanitario nazionale, soprattutto nelle aree più periferiche. Nella provincia di Milne Bay, nel Sud-est del Paese, è stato allestito un reparto per eventuali malati di Covid-19 con meno di 10 posti letto, a fronte di una popolazione di oltre 275 mila abitanti. Il personale ospedaliero è stato formato per affrontare un eventuale contagio e sono stati stanziati fondi dalle autorità distrettuali. Guardando i numeri, però, è facile intuire come in caso di diffusione del virus tutto ciò non sarebbe sufficiente.

Anche disagio sociale e attività criminali contribuiscono a intaccare il buon funzionamento delle attività sanitarie, come sta accadendo in questo periodo qui nella diocesi di Alotau. Bande di giovani stanno attaccando i piccoli centri sanitari e ospedalieri delle isole, rubando le imbarcazioni necessarie per le emergenze e le comunicazioni, depredando i centri stessi e usando violenza contro il personale. Ascoltando i racconti di Gloria, una delle infermiere rientrate in città dopo la chiusura di uno di questi centri, si resta disarmati e dubbiosi sul futuro del Paese, perché a farne le spese sono non solo i più poveri, ma anche quelli che compiono questi atti criminali, in quanto privano loro stessi e le loro famiglie di servizi necessari.

La Chiesa cattolica sta dando un importante contributo negli ambiti della sensibilizzazione e della prevenzione e in quelli dell’igiene e della nutrizione, non solo sostenendo e gestendo alcune strutture sanitarie, ma anche con la presenza di missionari medici o paramedici. Queste attività permettono alla comunità cristiana di “farsi prossimo” alla gente e di prendersi cura non solo delle ferite del corpo, ma anche di quelle spirituali.