SALE DELLA TERRA
La pandemia ha offerto un’occasione per conoscere il Paese oltre le luci dei locali notturni
Dopo due anni in cui la pandemia di Covid-19 ha di fatto fermato gli afflussi turistici in Thailandia, provocando un impatto i cui effetti è ancora difficile valutare, resta importante riflettere su questo settore che, nel bene e nel male, ha caratterizzato l’economia e i costumi stessi del Paese.
L’industria del turismo genera quasi il 10% del Pil e rappresenta dunque un comparto strategico per l’economia locale. Questo tuttavia non può farci sottovalutare la pesante ricaduta sulla vita del popolo thailandese e sulle popolazioni tribali. Che si tratti delle bianche spiagge e delle isole paradisiache, delle città e dei templi storici, dei fiumi e delle foreste lussureggianti, il Paese ha dovuto adeguarsi alla presenza non sempre rispettosa dei villeggianti.
Il turismo di massa iniziò con la presenza di soldati americani durante la guerra del Vietnam: in quel periodo la Thailandia era un luogo sicuro per evadere dagli orrori della guerra con qualche giorno di riposo.
Questa rumorosa presenza è stata alla base della crescita del fenomeno tristemente conosciuto come “turismo sessuale”, che negli anni ha poi vissuto una vita parallela rispetto a quello ordinario, tanto che non era possibile recarsi in alcuni luoghi quali Bangkok (in particolare la zona del mercato notturno), Pattaya e Phuket senza imbattersi nei numerosi locali equivoci e nei procacciatori di clientela per spettacoli dai nomi fin troppo espliciti. Nel tempo, tuttavia, il Paese è riuscito anche a valorizzare al meglio le proprie risorse: alle spiagge famose che offrono una umanità davvero povera fanno da contraltare tanti luoghi paradisiaci in cui le famiglie possono trovare quiete e scorci magnifici; ai mercati notturni che danno una caricatura grottesca della ricchissima cultura thai si sono sostituiti i trekking nelle foreste a contatto con le comunità dei monti; agli anonimi centri commerciali si è affiancato uno stile di accoglienza in cui il visitatore può apprezzare la gentilezza e l’animo lieto delle persone semplici di cui i mercati e i villaggi thailandesi sono pieni. Come in tutto il mondo, anche qui il turismo vive di contraddizioni ed è difficile da definire come un fenomeno uniforme: se da una parte ci sono villeggianti che cercano solo posti esotici e comodità, cibo ed esperienze standardizzate da raccontare agli amici, dall’altra vi è anche chi cerca una condivisione con la gente nella sua quotidianità.
Il Covid-19, che sembra al momento aver cancellato le aberrazioni più estreme del turismo di massa, ha offerto un’occasione per conoscere la Thailandia oltre le luci dei locali notturni… speriamo. Tiziano Terzani, nel suo libro Un indovino mi disse (Longanesi), costatata come gli aeroporti di tutto il mondo siano uguali. Auguriamoci che al turismo uniformato questo Paese possa sostituire un’esperienza di reale condivisione del proprio territorio e delle molteplici culture di cui è custode.
Per sostenere la Campagna S 144 “Sale della terra” visiti la pagina