Un diario di viaggio nei luoghi dove sono attivi i progetti di Sostegno a distanza del Pime: tra povertà e accoglienza, incontro a persone speciali che aspettano un’opportunità per spiccare il volo
L’India è un Paese pieno di contraddizioni, colori e sfumature diverse. Ognuno dei 29 Stati ha una propria identità che lo caratterizza. Per questo, nonostante fosse il mio secondo viaggio, questa terra è riuscita a sorprendermi.
Con Matteo, responsabile dell’Area Sostegno Missioni del Centro Pime, e Jacopo, il nostro videomaker, il 21 gennaio siamo atterrati all’aeroporto di Hyderabad, dove ad attenderci c’era padre Vinay Kumar, referente dei Sostegni a distanza dell’arcidiocesi. Due ore di sonno ed è iniziata subito la visita alla Fatima Matha School, in cui studiano 32 bambini. Gli allievi, che avevano decorato la scuola e il cortile di ghirlande e fiori, si sono esibiti in canti e danze nelle quali siamo stati trascinati a suon di applausi: sarebbe stato solo l’inizio delle nostre performance come ballerini. Abbiamo poi visitato un’altra scuola e un ostello prima di confrontarci con padre Vinay sulle prospettive del progetto.
Il giorno dopo padre Prasad Bala Marneni, responsabile dei Sostegni a distanza della diocesi di Nalgonda, è venuto a prenderci e, dopo una tradizionale colazione piccante e due ore di auto, siamo giunti al suo ufficio, dove ci attendeva un gruppo di ragazzini emozionati e un po’ intimiditi, ma pronti a regalare generosi sorrisi. Abbiamo raccontato loro del nostro Paese e dei sostenitori in Italia, di quanto siano seguiti e ricordati con affetto da chi supporta i loro studi.
Il pomeriggio ci siamo spostati al villaggio di Thipparthy, dove vive padre Marneni con alcuni dei bambini. Abbiamo visitato delle famiglie, persone a cui mancano i servizi di base come l’acqua corrente o l’elettricità, ma che hanno lo stesso voluto offrirci the o caffè. A concludere la giornata, giochi e danze con i piccoli, insieme a una cena preparata con lo stesso amore delle nonne italiane. Dopo due giorni padre Marneni ci ha accompagnato a Khammam, dove abbiamo incontrato suor Pauline. È stata l’occasione anche per entrambi i referenti dei progetti di Sostegno a distanza di conoscersi. Suor Pauline è in carica da un anno, ma ha preso fin da subito a cuore i bambini e le bambine e le loro famiglie. Il nostro viaggio è proseguito per Eluru, dove si trova la casa regionale del Pime in India e dove ci siamo sentiti ancor più in famiglia. Abbiamo giocato a cricket con i missionari e i bambini e celebrato insieme la Festa della Repubblica. Abbiamo poi visitato un villaggio abitato da una piccola comunità affetta dalla lebbra, ancora presente in India.
Nei sei giorni a Eluru, accompagnati da padre Bala Joji, economo della casa regionale, abbiamo visitato altre due diocesi che hanno progetti di Sostegno a distanza: Vijayawada e Guntur. Lasciata Eluru, dopo sei ore di viaggio abbiamo raggiunto Warangal, dove la memoria di padre Augusto Colombo e le sue opere di bene sono visibili ovunque. Grazie a lui sono state costruite molte scuole e raggiunti villaggi isolati dove i ragazzi non ricevevano un’istruzione, è stato costruito un ospedale e quest’anno la diocesi ha realizzato l’ultimo sogno del missionario: la facoltà di medicina.
A Warangal, padre Martin Golamari ha organizzato una giornata in cui tanti bimbi e adolescenti sostenuti a distanza, con le famiglie e gli insegnanti, si sono radunati per incontrarci. C’erano più di 600 persone. Durante questi incontri, emergeva il desiderio di tante bambine di diventare ingegneri, medici e informatici , mentre lo studio della matematica era prediletto dalla maggior parte dei bambini. In tutti era forte la “fame” di raggiungere un futuro e opportunità di vita migliori per sé e per la propria famiglia. In India infatti l’istruzione non è ancora un diritto garantito a tutti ma un privilegio per i più benestanti: chi appartiene alle caste più basse non può pagare le tasse scolastiche. Purtroppo, sebbene le caste siano state abolite nel 1947, ufficiosamente esistono ancora, soprattutto nelle zone rurali.
Il 3 febbraio siamo atterrati a Mumbai, ultima tappa del viaggio. Già dall’aereo era visibile una distesa infinita di baraccopoli, case di cartone e lamiera che appoggiavano l’una sull’altra, come a sostenersi a vicenda. Siamo stati accolti a Swarga Dwar (“La porta del cielo”), un ashram dove la gente vive, prega, lavora e presta servizio a ex lebbrosi che sono stati rifiutati, a causa della malattia, dalle famiglie e dalla comunità. La sera del nostro arrivo abbiamo pregato insieme a loro nella cappella ecumenica, al cui centro sorge un pilastro con i simboli di 12 religioni.
Da Swarga Dwar abbiamo raggiunto in treno la meta finale: Everard Nagar, dove è presente l’ufficio che si occupa dei progetti di Sostegno a distanza e degli altri interventi sociali del centro di Lok Seva Sangam. Da lì ci siamo spostati a Bainganwaadi, periferia di Mumbai, dove si trova la più antica e grande discarica di rifiuti della città.
Appena scesa dall’auto è stato come ricevere un pugno nello stomaco. Non siamo riusciti a fare molte foto mentre giravamo nelle minuscole stradine: eravamo rapiti dagli odori, dal frastuono e dai bambini scalzi, alcuni nudi, che camminavano fra la spazzatura. Mentre scrivo ripenso alle parole di mia nonna, di quando mi raccontava della miseria che le persone vivevano durante la guerra e mi trovo a riflettere che oggi sono ancora tanti quelli che nella miseria ci sono nati e non hanno mai smesso di viverci e noi, che siamo dalla “parte giusta” del mondo, spesso ce lo dimentichiamo. Mi fermo, chiudo gli occhi, e davanti a me ho di nuovo il bambino che a Mumbai cercava di far volare una busta di plastica legata a uno spago, come un aquilone. Questa immagine mi ricorda il perché ho scelto di fare questo lavoro e di come insieme, mattoncino dopo mattoncino, sia possibile e soprattutto importante fare la differenza.