All’Arena di Pace di Verona, Papa Francesco dialoga su ambiente, economia, democrazia, disarmo e migrazioni con 200 comitati e realtà sociali. Dando vita a una rete in cui i piccoli e le periferie sono protagonisti. Ascolta anche il nostro PODCAST
Si inserisce in una storia che dura ormai da quasi quarant’anni e che ha avuto il mondo missionario tra i suoi protagonisti. Ma sarà anche l’inizio di un percorso inedito. L’Arena di Pace 2024 che la mattina del 18 maggio vedrà a Verona la presenza di Papa Francesco è infatti il punto di incontro tra due cammini diversi, che rendono visibile come la sfida della riconciliazione tra i popoli passi oggi dall’impegno a costruire un mondo più giusto.
Il luogo dell’evento non è casuale: tutto nasce dall’appello che nel 1985 – a vent’anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II – un gruppo di religiosi, sacerdoti e laici lanciarono alla Chiesa del Triveneto per affermare la centralità della pace e delle scelte che essa comporta per una comunità che voglia rimanere fedele al Risorto. Un documento firmato, tra gli altri, da monsignor Lorenzo Bellomi allora arcivescovo di Trieste, da don Albino Bizzotto di Padova, dal missionario comboniano padre Alex Zanotelli, un testo divenuto un punto di riferimento per il pacifismo cattolico. Con il sostegno dell’allora presidente di Pax Christi Italia, monsignor Tonino Bello, quell’esperienza sfociò il 4 ottobre 1986 in un grande raduno del popolo della pace all’Arena di Verona. E fu solo il primo di una serie di incontri e iniziative che hanno avuto nelle riviste Nigrizia, Missione Oggi e Mosaico di Pace e nel movimento “Beati i costruttori di pace” il loro motore. Eventi affiancati – negli anni Ottanta e Novanta – da importanti campagne come quella per i “Bilanci di giustizia” sul tema del consumo critico, o il boicottaggio delle “Banche armate” (cioè i crediti che gli istituti concedono ai costruttori di armi per finanziare le loro attività imprenditoriali). Portate avanti insieme alle iniziative di azione non-violenta sul conflitto nei Balcani, come le carovane della pace nella Sarajevo assediata.
Erano dieci anni – da quella del 25 aprile 2014 – che non si teneva più un’Arena di Pace. Ma a riportare in primo piano questi temi è arrivata la “guerra mondiale a pezzi” di cui parla costantemente Papa Francesco e che negli ultimi due anni è entrata prepotentemente anche nelle nostre cronache quotidiane. Così, già nello scorso autunno, era nata l’idea di un nuovo incontro, con anche la rivista dei gesuiti Aggiornamenti sociali, il quotidiano Avvenire e – soprattutto – la diocesi di Verona che si sono affiancati agli storici promotori.
Fin dal progetto iniziale erano stati scelti cinque temi cruciali attraverso cui declinare la sfida della pace oggi: il fenomeno delle migrazioni, la cura dell’ambiente, il nodo del rapporto tra lavoro, economia e finanza, la salvaguardia di diritti e democrazia e la sfida del disarmo. Per ciascuno di questi ambiti sono stati costituiti dei tavoli di lavoro e promossi degli appuntamenti pubblici di riflessione a Verona. Ma è dentro a questo percorso che – a un certo punto – ha voluto inserirsi personalmente Papa Francesco. Non solo dando la propria disponibilità a intervenire all’evento all’Arena, ma suggerendo anche al vescovo di Verona, monsignor Domenico Pompili, un metodo: «Perché non lo fate diventare il primo incontro italiano dei movimenti popolari?».
Il riferimento di Francesco è alle forme di protagonismo sociale costruite dal basso, coinvolgendo come costruttore di un mondo diverso chi di solito è relegato ai margini. Esperienze come quella dei cartoneros che dagli scarti trovano risorse per vivere, o le mille iniziative di solidarietà e attivismo nate nelle periferie. Realtà che Bergoglio conosceva bene a Buenos Aires e che in questi anni di pontificato ha invitato più volte a fare rete nel mondo, come primizia di un’economia e di una politica diverse, più attente alla sete di pace e giustizia.
Per quattro volte il Papa li ha radunati da tutto il mondo, rivolgendo loro discorsi che sono diventati il cuore della cosiddetta “economia di Francesco”. A partire dal primo, tenuto in Vaticano nell’ottobre 2014, quando parlò di “terra, tetto e lavoro” (le tre T spagnole tierra, techo, trabajo) come tre diritti irrinunciabili della persona. Diritti oggi spesso calpestati anche con il sangue e la violenza come avrebbe mostrato, poi, la vicenda di Berta Caceres, attivista honduregna presente a quell’incontro con il Papa, ma poi uccisa il 2 marzo 2016 proprio per il suo impegno in difesa dei diritti delle popolazioni indigene sulle proprie terre.
«Solidarietà – aveva detto Francesco nel 2014 – è una parola che esprime molto più che alcuni atti di generosità sporadici. È pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti sull’appropriazione dei beni da parte di alcuni. È anche lottare contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, la terra e la casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi. È far fronte agli effetti distruttori dell’impero del denaro: i dislocamenti forzati, le emigrazioni dolorose, la tratta di persone, la droga, la guerra, la violenza e tutte quelle realtà che molti di voi subiscono e che tutti siamo chiamati a trasformare. La solidarietà, intesa nel suo senso più profondo, è un modo di fare la storia ed è questo che fanno i movimenti popolari».
Per dare una risposta ai tanti venti di guerra che oggi soffiano anche in Italia, l’Arena di Pace vuole dunque ripartire da questo metodo. «Abbiamo invitato quei gruppi che, concretamente e “dal basso”, in dialogo con tutti, con la creatività e la genialità che nasce dalla cultura della pace, stanno portando avanti progetti e azioni al servizio delle persone a partire dagli ultimi e in vista del bene comune – ha dichiarato all’agenzia Sir il vescovo Pompili presentando l’iniziativa -. L’impressione è che a fronte di “scenari cupi” ci sia una quantità e qualità di bene nelle nostre città di cui abbiamo poca consapevolezza e che Papa Francesco vuole mettere in luce e portare in evidenza».
All’appello hanno risposto circa 200 organizzazioni, portatrici di esperienze tra loro diversissime, promosse da credenti e non credenti. «Ci saranno i ragazzi dei Friday for Future così come le Comunità Laudato si’ – spiega il comboniano fratel Antonio Soffientini, tra gli organizzatori dell’Arena -. E poi la Comunità di Sant’Egidio, il movimento dei Focolari, accanto alle Acli, all’Arci, ai sindacati. Ma oltre alle realtà strutturate saranno presenti anche tanti piccoli comitati locali nati intorno a un’idea o a questioni concrete del proprio territorio. L’Arena è un grande processo partecipativo e per questo il raduno sarà preceduto venerdì 17 maggio da una giornata di incontro alla Fiera di Verona con la partecipazione di 500 rappresentanti di queste realtà. Per guardare avanti a quello che insieme vogliamo costruire anche dopo il dialogo di sabato 18 maggio all’Arena con Papa Francesco».
Si pensa ad alcune campagne comuni da rilanciare, prima fra tutte quella legata al tentativo in atto di depotenziare la legge italiana sul commercio delle armi. Ma c’è anche un’altra idea che sta maturando nella Chiesa e nella città di Verona: quella di dare vita a un luogo fisico permanente che qui diventi un punto di riferimento sul tema dell’educazione alla pace, soprattutto per i giovani. Un tetto anche per l’idea di una pace nella giustizia, da costruire partendo dagli ultimi.