Angela, Monica e Francesca: partite con l’Associazione Laici Pime, dedicano parte del loro servizio missionario a seguire i progetti di sviluppo e i sostegni a distanza della Fondazione Pime Onlus
Che cosa spinge tre donne, già inserite nel mondo del lavoro in Italia, a decidere di mettersi a servizio della missione, lasciando amici, impegni e famiglia? Non per sempre, d’accordo. Per tre o cinque anni «soltanto». Che però a volte diventano sei, nove… Angela Lazzari, nata 53 anni fa a Bergamo, è in Thailandia da nove. Ma il suo desiderio di partire risale a molto tempo prima. «Da buona bergamasca, sono testarda e ho preso la mia decisione da ragazzina, guardando un servizio televisivo sulla malnutrizione dei bambini in Africa. “Io, lì – mi dissi -, ci andrò in missione!”. Ed eccomi qui, a distanza di quasi quarant’anni. Non in Africa come pensavo, ma in Thailandia in pieno continente asiatico!». Per coltivare il suo sogno, a diciotto anni Angela segue il corso di infermiera volontaria di Croce Rossa e presta servizio prima presso l’ospedale di Bergamo e poi nell’infermeria della Casa circondariale. «In quel periodo – racconta – ho avuto anche l’opportunità di fare due esperienze estive in Africa: in Costa d’Avorio e Malawi. Due viaggi che hanno segnato il mio cammino spirituale e di vita. Al ritorno, mi sono imbattuta nei missionari del Pime e, con loro, ho iniziato un percorso che mi ha portato per diversi anni (ben undici!) a passare l’estate a Mae Suay, nel Nord della Thailandia, dove il Pime lavora con le minoranze etniche. Poi la proposta di un’esperienza di cinque anni con l’Associazione Laici Pime (Alp), il progetto e la partenza. Da allora, sono passati ormai quasi nove anni. Il mio lavoro mi porta spesso in giro per la Thailandia, perché seguo i sostegni a distanza e le rendicontazioni dei progetti di sviluppo nelle varie missioni del Pime. Nonostante svolga un lavoro di tipo amministrativo, mi è molto utile la formazione di infermiera e, quando è possibile, esco sul territorio per il sostegno ai bambini disabili, agli ammalati e agli anziani».
In Guinea Bissau, Monica Canavesi arriva nel novembre 2011, per restarci tre anni. «Passato il primo periodo, però, ho rinnovato il mio impegno con l’Alp per altri tre anni e sono rientrata, con non poco rimpianto, lo scorso dicembre. Che cosa mi ha spinto a partire? La ricerca della mia strada e di una risposta da dare all’inquietudine del cuore, al desiderio di servire il prossimo in modo più totale». Monica ha svolto il suo servizio nel centro di formazione “Fiera delle possibilità”, nato su iniziativa di padre Alberto Zamberletti del Pime, in collaborazione con la diocesi di Bafatá. È un centro che organizza corsi di breve durata in diversi ambiti, dall’agricoltura alla trasformazione della frutta, dall’allevamento degli animali da cortile alla gestione delle associazioni, dalla raccolta del miele alle tecniche di coltivazione del riso, con l’obiettivo di supportare le persone nella creazione di attività generatrici di reddito. «Sono stata anche membro del consiglio Caritas della diocesi di Bafatá – prosegue Monica Canavesi – e ho coordinato l’attività del gruppo sulla medicina naturale, un altro progetto Caritas, che ha l’obiettivo di utilizzare le risorse naturali e le conoscenze locali sulle piante per la produzione di sciroppi, pomate e tinture a costi accessibili per la popolazione». Per l’Ufficio Aiuto Missioni, anche Monica, come Angela, ha offerto il suo prezioso aiuto nella stesura, gestione e rendicontazione di progetti e sostegni a distanza.
Sempre in Africa, nell’Estremo Nord del Camerun, è attivamente impegnata Francesca Bellotta, partita per Yagoua nel gennaio 2017. «A un certo punto della mia vita – confida – è nato dentro di me il desiderio di fare qualcosa per il prossimo, forse perché in momenti particolarmente difficili sono sempre stata sostenuta e aiutata da amici meravigliosi e dalla mia famiglia. Così, un giorno, eccola lì: è arrivata la missione!». Nell’estate del 2009 Francesca fa la sua prima esperienza in Africa con le Suore di Carità dell’Immacolata Concezione d’Ivrea (presenti nella sua parrocchia di Milano Rogoredo). Ed è amore alla prima esperienza. «Ho passato le successive ferie estive tra Kenya e Tanzania, fino a quando mi sono resa conto che limitare il mio servizio al solo periodo delle ferie non mi bastava più. Volevo capire se ci fosse qualche realtà che mi permettesse di formarmi per far sì che la mia presenza in missione potesse divenire più qualificata, perché non sempre il cuore è sufficiente. Così sono arrivata al Pime e all’Alp, dove ho iniziato un cammino di formazione e discernimento. E alla fine, ho detto “sì”». Il contesto nel quale Francesca svolge il suo servizio non è per nulla facile. «A causa dell’instabilità dovuta a Boko Haram, io e gli altri missionari siamo costretti a vivere con i militari in casa. Uno di loro ci deve sempre scortare ogni volta che usciamo e, se lasciamo la città, sono in due ad accompagnarci. La cosa che più mi pesa è che tutto ciò limita terribilmente la conoscenza della realtà in cui vivo e soprattutto la possibilità di creare rapporti con le persone del luogo, con i fratelli con i quali ho deciso di condividere un pezzo della mia vita». Francesca lavora per la Caritas della diocesi di Yagoua, dove si occupa della gestione dei sostegni a distanza dei bambini e della rendicontazione dei progetti di sviluppo. Gestisce inoltre il neonato settore dell’assistenza sociale, dedicato soprattutto ai disabili, con un’utenza che va dai neonati agli adulti.
«Quando mi soffermo a pensare agli anni trascorsi in questa terra meravigliosa – conclude Angela dalla Thailandia -, rivedo soprattutto i volti dei bambini, dei malati e dei disabili, con cui ho condiviso questo tratto della mia vita… Tutti loro sono e continuano a essere il motore trainante del mio restare qui, perché nulla è paragonabile alla gioia e alla forza che si riceve dall’essere, noi stessi, un dono per i nostri fratelli!».