L’EDITORIALE
Guardiamo all’Amazzonia, a tutta la bellezza che contiene e a tutte le problematiche che la segnano, ma non dimentichiamo che salviamo la foresta solo se salviamo l’uomo, e l’uomo lo salva solo Gesù Cristo
Parte la campagna Pime “Il grido dell’Amazzonia”, che ci accompagnerà nei mesi che ci conducono al Sinodo sull’Amazzonia indetto da Papa Francesco per il prossimo ottobre, periodo in cui la Chiesa cattolica celebrerà anche il Mese missionario straordinario. Due eventi che si intersecano con la storia della Chiesa e anche con la storia del Pime, che da oltre settant’anni opera in quelle terre che rinviano all’immaginario tipico del mondo missionario: lunghi fiumi, viaggi lenti, villaggi isolati, animali selvatici e piccole comunità cristiane isolate, che il sacerdote riesce a visitare solo poche volte l’anno.
Qualche settimana fa un giornalista televisivo mi ha chiesto di selezionare poche foto attraverso le quali illustrare il lavoro del Pime. Tra queste ho scelto l’immagine di padre Paulinho che, sui monti del Guerrero in Messico, dopo la Messa domenicale, raggiunge con l’eucaristia un uomo anziano con il femore rotto. L’ambulanza non potrà mai raggiungere il suo villaggio, le strade sono troppo malridotte e le sue condizioni fisiche non consentono di tentare di raggiungere alcun ospedale. Che cosa rimane in questi casi? Rimane la compagnia del missionario che entra nella povera capanna con la comunione in mano. E quella solitudine si mitiga, la povera casa si illumina. E così sarebbe stato se padre Paulinho fosse entrato con la comunione in mano in una delle ricche case di Acapulco; la compagnia del Risorto si sarebbe fatta pane e quindi carne anche lì.Questo Sinodo affronterà temi diversi: ecologia, giustizia sociale, povertà, ma toccherà anche la questione delle comunità in cui l’eucaristia viene celebrata troppo raramente. E forse qui si gioca il tema che sta più a cuore a un Istituto come il Pime, che ha nel suo carisma l’annuncio del Vangelo e la celebrazione dell’eucaristia, fonte e centro di tutta l’opera evangelizzatrice.
Allora noi del Pime vi accompagneremo verso il Sinodo sull’Amazzonia e con voi ci prepareremo all’Ottobre missionario straordinario. Lo faremo ascoltando le storie e le voci dei missionari che in quelle terre e su quei fiumi hanno speso e continuano a spendere la loro vita, facendo molte attività, le più diverse, come scoprirete anche leggendo le parole di monsignor Mario Pasqualotto e di padre Enrico Uggè. Ma una su tutte è l’attività che ha sempre contraddistinto ogni missionario del Pime, sacerdote o laico, cioè celebrare, portare il pane eucaristico laddove c’è una comunità che lo desidera e anche laddove non è ancora né desiderato né atteso, perché da lì parte tutto. Perché? Perché così ha voluto il Signore Gesù dicendo «fate questo in memoria di me». Perché questa memoria lo rende fisicamente presente, vivo nell’eucaristia, per cui più nessuno può dirsi solo sulla faccia della terra, né il missionario che porta o celebra l’eucaristia né il cristiano che vi partecipa e la consuma.
Guardiamo dunque all’Amazzonia, a tutta la bellezza che contiene e a tutte le problematiche che la segnano, ma non dimentichiamo che salviamo la foresta solo se salviamo l’uomo, e l’uomo lo salva solo Gesù Cristo.