Continuano i racconti di Francesca Bellotta dal Camerun. Questo mese ci parla dell’incontro con i più piccoli.
I bambini sono una vera forza della natura, la loro spontaneità e la loro innocenza sono meravigliose. Incontrarli nelle scuole per gli aggiornamenti dei sostegni a distanza o in qualche villaggio mentre seguo i casi delle persone disabili è sempre una gioia e un’avventura.
Quando mi incontrano per la prima volta i bambini, in particolare quelli che vivono nei villaggi più interni e non hanno mai visto un bianco, hanno un po’ di timore. Talvolta i più piccoli scoppiano a piangere e le mamme si mettono a ridere, ma come dare loro torto? Chissà che pensieri passano nelle loro teste vedendo una persona così “diversa”. I più temerari si avvicinano e ti salutano dandoti la mano, poi si allontanano e si mettono a “distanza di sicurezza”, si guardano il palmo della mano – come per verificare che sia tutto a posto – e una volta assicuratisi che non ci sono effetti spiacevoli tornano a salutarti, seguiti anche dai più timorosi.
Un giorno, in una scuola, alcune bambine di terza elementare mi hanno detto: «Siamo diversi, tu sei bianca! Perché?». Io ho risposto: «È vero, sono bianca, ma questo non ci rende così diversi!». Posto che esistono delle differenze oggettive, fisiche oltre che culturali (ma questo non capita solo tra africani ed europei), come far capire a dei bambini che il colore della pelle non ha nessuna importanza? Io l’ho fatto così. Ho indicato gli occhi e ho chiesto loro: «Come si chiamano?». Mi hanno risposto e io ho aggiunto: «Vedete, voi avete due occhi e anche io, sono uguali». Poi ho ripetuto la stessa domanda per il naso, la bocca, i denti, le orecchie, le mani… Quindi ho detto loro: «Visto che non siamo poi così diversi? Il colore della pelle è differente, ma come lo sono il carattere, le capacità e i doni che rendono unico ognuno di noi». È così bella e arricchente la diversità! Il Signore ci ha fatti tutti uguali e nello stesso tempo differenti uno dall’altro. Viva la diversità.