La politica del figlio unico in Cina è venuta meno quasi una decina di anni fa. Se da una parte questo dà la possibilità di far fronte all’invecchiamento della popolazine, dall’altra c’è il rischio che le responsabilità dei figli resti una prerogativa prettamente delle donne
La politica cinese del figlio unico, in vigore dal 1979 nell’ambito del controllo forzato delle nascite, fu allentata già nel 2002 per far fronte al prevedibile invecchiamento della popolazione e alla riduzione della forza lavoro. Le coppie costituite esse stesse da figli unici furono autorizzate ad avere un secondo bambino. Nell’ottobre del 2015, poi, il Partito comunista annunciò finalmente la politica universale dei due figli. Tuttavia, un sondaggio condotto dalla Federazione femminile cinese nel 2016 ha rilevato che oltre la metà delle giovani coppie intervistate, con un bambino di età inferiore ai 15 anni, non avevano intenzione di averne altri. Era il caso, in particolare, di Pechino e delle province costiere più ricche.
Nella cultura tradizionale cinese, la nascita e l’educazione dei figli sono prevalentemente responsabilità delle donne. A partire dagli anni 80, alle giovani furono offerte migliori opportunità di istruzione, che le aiutavano ad essere più competitive nel mercato del lavoro. Grazie ai servizi di assistenza per l’infanzia forniti dallo Stato, poi, le neo mamme lasciavano l’impiego solo nei primissimi anni di vita dei figli e venivano reintegrate appena i bambini andavano all’asilo. Per questo si dice che la politica del figlio unico abbia involontariamente consentito alle donne di avere una storia lavorativa meno frammentata e migliori prospettive professionali. A confronto con le abitanti delle campagne, le cittadine sono più attive nel mercato del lavoro e hanno una carriera più promettente.
Il timore, oggi, è che la politica dei due figli riporti le donne dentro la sfera domestica. Nel 2010 il terzo sondaggio sullo status sociale delle cinesi pubblicato dalla Federazione femminile fece luce sulle pressioni che devono affrontare le madri di due figli. In pratica, le mamme in attesa del secondo bambino sono intrappolate nel dilemma se continuare a lavorare oppure diventare casalinghe a tempo pieno, in particolare nei contesti dove prevalgono le piccole o medie imprese e dove mancano servizi statali di assistenza all’infanzia. Inoltre, si registra una tendenza allarmante che vede molte neolaureate interpellate, durante i colloqui di lavoro, proprio sull’eventuale intenzione di avere un secondo figlio. Rispetto alle loro controparti maschili, le donne rischiano di subire maggiori discriminazioni all’ingresso del mercato del lavoro e nell’opportunità di promozioni.
Non solo la mancanza di servizi di assistenza all’infanzia e l’aspirazione a maggiori opportunità di carriera scoraggiano le donne ad avere più figli, ma le giovani coppie nelle città sono sempre più preoccupate dagli alti costi della vita, in particolare per quanto riguarda l’istruzione di qualità dei bambini o le spese mediche. Questo spiega perché, anche data la possibilità, le giovani coppie devono pensarci due volte prima di decidere di avere un secondo figlio. L’impatto della politica dei due figli sullo status delle donne è ancora da vedere. Le cinesi che provengono da contesti urbani, avvantaggiate per decenni dalla minore responsabilità di educazione dei figli e da una maggiore mobilità sociale verso l’alto, potrebbero vedere mutare la loro situazione: oggi queste donne devono affrontare una nuova partita di tiro alla fune tra la loro autonomia di fertilità e le nuove responsabilità familiari.