EDITORIALE
Il rischio di non vedere cosa ci sta accadendo accanto e, ancora meno, cosa stia accadendo nel mondo, è davvero alto. Per questo dobbiamo tenere lo sguardo fisso sulla Pasqua
In questo marzo che si avvia verso la primavera ci ritroviamo a vivere una Quaresima decisamente strana. Una Quaresima che, in un certo senso, non è iniziata il 17 febbraio scorso ma un anno fa. Un tempo di grandi e lunghi digiuni di sguardi e di relazioni, come abbiamo detto tante volte su queste pagine. Forse apparirà come una ripetizione inutile tornare su questo argomento, ma il rischio di un adeguamento a uno stile di vita povero se non privo di rapporti si sta facendo strada in modo subdolo. La decisione di riprendere a incontrare persone, di fare esperienze e avvicinare luoghi diversi non è più da dare per scontata, qualcosa rischia di sfuggirci di mano ritrovandoci sempre meno disposti a vivere il gioco della relazione che ha le sue radici nel mistero. Ogni relazione è un’esperienza mistica, di incontro profondo con il divino che abita nell’altro, con quell’essere fatti a immagine e somiglianza di Dio che è scritto nella radice di ogni uomo. Se ci disabituiamo all’incontro con l’altro allora ci disabituiamo anche a quello con Dio, senza il quale viene meno la pienezza della nostra umanità, che diventa pian piano sempre più sterile e povera.
Forse quest’anno dovremmo vivere una Quaresima diversa, senza le rinunce tipiche di questo tempo, come quella ai dolci. Forse dovremmo rinunciare alla paura e alla troppa solitudine per rimettere in gioco in modo deciso quegli spazi di relazione che ci sono permessi dalla situazione e dai Dpcm. Forse dovremmo guardare a quelle situazioni di povertà che la pandemia ha creato nemmeno troppo lontano da noi per farcene carico come possiamo. Con la vicinanza, con il sostegno morale, con la carità laddove è possibile. Il rischio di non vedere cosa ci sta accadendo accanto e, ancora meno, cosa stia accadendo nel mondo, è davvero alto. Per questo dobbiamo tenere lo sguardo fisso sulla Pasqua.
Prepararsi alla Pasqua quest’anno significa predisporre il cuore ad accogliere la risurrezione che oggi facciamo fatica a vedere, significa fare appello a una speranza dura e testarda che continua a credere alla possibilità del ritorno alla vita piena, sebbene tutto, al di fuori, ci dica il contrario.
Stando di fronte alla tomba non è stato facile fidarsi e sperare per le donne che sono andate in visita al corpo del Signore nel giorno del Sabato Santo. Ci sono tempi e momenti in cui è davvero difficile credere alla possibilità della Risurrezione, all’opportunità di ricominciare, perché la stanchezza prende il sopravvento. Molto probabilmente oggi ci sentiamo tutti così. Ma la fede serve a questo: a sperare contro ogni speranza, a guardare oltre la pietra che chiude il sepolcro e credere che là dentro la vita possa ricominciare davvero, anche oggi, nel 2021. Buona Quaresima ormai lunga un anno.