Io, missionario, dottore in buddhismo

In Thailandia padre Daniele Mazza ha completato il suo percorso di studi nell’università dei monaci con una tesi sul dialogo tra buddhisti e musulmani
Un dottorato in studi buddhisti in un’università frequentata dai monaci. Conseguito da un prete cattolico, presentando una tesi che affronta il tema del dialogo interreligioso con i musulmani a partire da un punto di vista buddhista. È il traguardo raggiunto da padre Daniele Mazza, missionario del Pime da più di 15 anni ormai a Bangkok e superiore regionale dell’Istituto per la regione del Sud-est asiatico.
Originario di Roma, 47 anni, nella comunità del Pime della Thailandia sta percorrendo da tempo la strada dello studio e dell’incontro con il mondo buddhista, la religione maggioritaria nel Paese, attraverso la frequentazione degli stessi ambienti in cui si formano i monaci. Fino al dottorato, appunto, conseguito nell’estate scorsa presso la Maha Chulalongkorn Rajavidyalaya University, uno dei due atenei pubblici buddhisti gestiti dal Sangha, il supremo consiglio buddhista del Paese. In questo stesso ateneo frequentato da circa 27 mila monaci, padre Daniele aveva già completato nel 2017 un master in buddhismo: «Dopo aver conosciuto questa religione solo su testi occidentali e con professori cristiani – ci aveva raccontato in quell’occasione – desideravo studiarla su testi thailandesi e insegnata da professori buddhisti».
Ora il conseguimento del dottorato è stato un nuovo passo in questo percorso, fatto di studio ma anche di amicizia personale ricambiata da tanti monaci. «Alla cerimonia di fine corso svoltasi l’8 dicembre – racconta – mi hanno chiesto di omaggiare a nome di tutti gli studenti il monaco che ha presieduto il conferimento dei dottorati».
Significativo è stato, poi, anche il tema che padre Mazza ha scelto per la sua tesi: intitolata “Un modello di partenariato buddhista-musulmano per rafforzare la solidarietà nella comunità locale”, è frutto di un’attività sul campo condotta dal missionario a Tha-It, un sottodistretto di Pakkret, l’area di periferia nell’immensa Bangkok dove si trova la parrocchia di Nostra Signora della Misericordia, affidata al Pime. I rapporti tra buddhisti e musulmani in Thailandia sono un tema reso caldo dalle tensioni nelle province meridionali di Pattani, Yala e Narathiwat, abitate per l’80% da popolazioni di etnia malese, spesso teatro di violenti scontri che rischiano di avvelenare i rapporti tra le due comunità. E proprio un’esperienza di questo tipo è stata l’occasione che ha portato padre Daniele ad occuparsene.
«Nel luglio 2019 – ricorda – a Tha-It si tenne un incontro con Muyahid Latifi, l’imam della locale moschea, e Phramaha Ranong, l’abate del tempio buddhista. In quell’occasione Phramaha Ranong condivise la sua preoccupazione per le relazioni tra buddhisti e musulmani all’interno della comunità. Pur non essendoci mai stati atti di violenza esplicita, raccontava come lui stesso e molti altri monaci fossero stati spesso presi in giro dai musulmani locali. Di come i mototaxi con guidatori musulmani non lo caricavano e che molte volte sentiva parole cattive o irrispettose nei loro confronti. In risposta a questa situazione, Phramaha Ranong, l’imam Muyahid Latifi e io (in qualità di rappresentante della comunità cristiana) abbiamo deciso di organizzare un’attività in cui studenti buddhisti e musulmani, con leader religiosi e autorità locali, andassero a visitare insieme famiglie povere e persone malate, costrette a letto e anziane».
Quel gesto è stato l’inizio di un percorso che ha portato padre Mazza a studiare a fondo attraverso appositi questionari l’atteggiamento dei gruppi religiosi di Tha-It. «Nonostante una storia di armonia – osserva il missionario – i risultati hanno rivelato che le iniziative interreligiose erano sempre state limitate, il legame mancava di profondità». Con un ulteriore elemento di preoccupazione: «Mentre le generazioni più anziane mostrano un senso di unità più forte, il divario si fa più significativo tra le generazioni più giovani, che spesso mostrano meno interesse per le questioni religiose. A volte non capiscono come i valori religiosi si applichino alla vita quotidiana e hanno una conoscenza limitata della propria e delle altrui fedi. Questo può portare a un minore rispetto per le altre identità religiose».
Di qui l’importanza di elaborare un modello di collaborazione più consapevole, che è diventato il cuore della tesi di padre Daniele. Una serie di buone pratiche per aiutare il passaggio da una semplice forma di tolleranza a un dialogo vero, fondato sulle rispettive tradizioni religiose. Un cammino strutturato su quattro passaggi: stabilire una base comune per la collaborazione, impegnarsi nell’interazione, riflettere e imparare, e concentrarsi sulla sostenibilità e sul miglioramento continuo. Sperimentato concretamente a Tha-It, ora – anche attraverso il passaggio accademico nell’università buddhista – questo modello è offerto a tutti come un contributo per promuovere l’amicizia tra le comunità religiose in Thailandia.
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