A Beirut ha aperto la prima scuola del Medio Oriente dedicata all’arte di strada. I 20 alunni selezionati faranno lezioni per sei mesi con clown professionisti tra cui la libanese Sabine Choucair, che da anni usa il naso rosso per fare satira e accendere i riflettori sui problemi sociali della regione
Istituto internazionale per studi molto molto seri. Si chiama così la prima scuola dedicata al teatro di strada in tutto il Medio Oriente che ha aperto un mese fa a Beirut e che offre una laurea da clown professionista.
Nella regione l’arte di strada non è una novità ma fino ad ora non aveva mai avuto l’occasione di essere sistematizzata in un corso di studi regolare. Ci ha pensato la clown libanese Sabine Choucair che è tornata in patria e, insieme all’organizzazione Clown Me In, ha aperto la scuola.
A dispetto del nome, l’Institute for Very Very Serious Studies non è da meno di una qualsiasi università: è gratuita ma anche a numero chiuso; per accedervi bisogna superare un test d’ingresso. Alla prima edizione del corso, che è iniziato in questi giorni, si sono candidati 70 giovani – tutti residenti in Medio Oriente – ma solo 12 sono stati selezionati e hanno cominciato le lezioni.
La scuola dura sei mesi e il programma prevede lo studio della storia della disciplina e il meccanismo della satira ma anche laboratori pratici di maschere e burattini. Tra i docenti provenienti da Regno Unito, Francia e Stati Uniti c’è pure l’italiano Giovanni Fusetti, che si occuperà di insegnare come fare satira.
Una materia importante visto che obiettivo della scuola di Beirut è proprio rilanciare il ruolo sociale del pagliaccio e preparare una generazione di ragazzi capaci di sfruttare il ridicolo naso rosso per sovvertire le norme sociali e dire cose che gli altri non possono.
La stessa Chouchair, d’altronde, è celebre per i Clown Attacks, performance di strada con cui polemizzava sulla carenza di elettricità o sulla crisi dei rifiuti in Libano; nel 2016 insieme alla sua squadra ha percorso tutto il Libano con Caravan, un’esibizione nei campi profughi con cui Sabine ha acceso i riflettori dei media sulle condizioni dei rifugiati. Una rifugiata siriana aveva perso suo figlio perché tutti gli ospedali libanesi si erano rifiutati di curarla; così Chouchair ha messo in scena questo episodio mettendo in ridicolo i medici con parrucche e atteggiamenti comici: uno spettacolo amaro.
Per questo l’esame finale previsto per i ragazzi dell’Istituto di Beirut sarà una performance sul campo: gruppi di tre studenti andranno in un villaggio libanese e lavoreranno con 20 giovani della comunità locale, individuando i problemi sociali di cui parlare nel loro spettacolo.
«I clown non sono nella nostra cultura. Sono considerati esclusivamente persone che intrattengono e fanno divertire» ha raccontato ai giornali Choucair. «Anche in Egitto – ha aggiunto Aly Sobhi, studente egiziano della scuola di Beirut, che ha già lavorato come clown in una comunità di persone a rischio nel suo Paese – si pensa che i pagliacci debbano stare al circo: invece i clown sono un ottimo strumento per comunicare con comunità vulnerabili, con i bambini, i rifugiati e tutti i tipi di minoranze».