Bizzeti vescovo mentre la Turchia va alle urne

Bizzeti vescovo mentre la Turchia va alle urne

Proprio mentre la Turchia va alle urne in un clima tesissimo il gesuita Paolo Bizzeti – neo-vicario apostolico d’Anatolia che raccoglie l’eredità del martire Luigi Padovese – domenica verrà ordinato vescovo. E a Mondo e Missione dice: «Il confronto con il fondamentalismo religioso è una grande sfida. Ma siamo chiamati non a erigere muri ma ponti».

 

La Turchia torna al voto domenica in un clima molto teso, segnato dal nuovo attentato di qualche settimana fa contro l’Hdp, il partito dei curdi, e in questi ultimi giorni anche dal bavaglio imposto ad alcuni media del movimento fondato da Fethullah Gülen, il predicatore islamico moderato un tempo alleato del presidente Ergodan e oggi invece suo nemico numero uno. Proprio domenica – però – sarà anche un giorno particolare anche per la piccolissima comunità cattolica della Turchia. A Padova infatti verrà consacrato vescovo il gesuita Paolo Bizzeti, chiamato da papa Francesco a divenire il nuovo vicario apostolico dell’Anatolia, a più di cinque anni ormai di distanza dall’uccisione del suo predecessore, mons. Luigi Padovese.

Sul numero di Mondo e Missione di ottobre è proprio padre Bizzeti, fiorentino, 68 anni, a raccontare come si appresta a vivere questa nuova missione – dice lui stesso – un po’ inaspettata. Nell’Intervista spiega anche come nell’Anatolia oggi la piccolissima comunità cristiana locale viva anche la sfida di farsi vicina in maniera particolare alle famiglie cristiane arrivata in questi anni tra i profughi fuggiti dalla Siria.

Ma un passaggio dell’intervista è dedicato anche a uno dei nodi cruciali di queste elezioni che è – appunto – il confronto tra l’islamismo sempre più accentuato tra le fila dell’Akp – il partito di Erdogan – e la Turchia laica. «Il confronto con il fondamentalismo religioso è diventato una delle grandi sfide del XXI secolo, ovunque», commenta Bizzeti. «Si tratta di un problema serio che non si può affrontare chiudendosi, bensì cercando di capirne le radici e le vere responsabilità. Quel che è certo è che siamo chiamati non a erigere muri ma a costruire ponti, partendo dal dialogo personale, dalla vita comune, pregando insieme l’unico Dio».

Il neo-vicario indica – però – anche una prospettiva molto significativa nel contesto della Turchia di oggi: il piccolo gregge cristiano d’Anatolia, dice, deve scrollarsi di dosso l’etichetta della “minoranza” – una categoria nella quale a volte c’è la tentazione di auto-relegarsi – per vivere un protagonismo pieno. «I cristiani devono essere prima di tutto cittadini leali, e portare avanti le battaglie civili che competono a chiunque voglia bene al proprio Paese». Sarà la loro testimonianza di vita, poi, ad essere «lievito nella pasta» della società turca.