Moschee e mete di pellegrinaggio chiuse, divieto di incontrarsi per la rottura serale del digiuno: al tempo del Coronavirus il mese sacro islamico, che sta per cominciare, porrà ai fedeli sfide mai sperimentate. Parla il teologo musulmano Adnane Mokrani
I santuari della Mecca e di Medina, in Arabia Saudita, deserti, così come la moschea di Al Aqsa a Gerusalemme e i luoghi santi sciiti di Karbala e Najaf, in Iraq. E i richiami dei muezzin che, dall’Egitto al Kuwait, invitano i fedeli a «pregare a casa». Per l’oltre miliardo e mezzo di musulmani nel mondo l’emergenza Coronavirus sta rappresentando, anche dal punto di vista della pratica religiosa, una sfida del tutto inedita. Che si accentuerà tra pochi giorni, con l’inizio del mese sacro islamico di Ramadan. Un tempo privilegiato di preghiera e raccoglimento, oltre che di digiuno dall’alba al tramonto. Ma anche il periodo per eccellenza del ritrovo con la famiglia allargata, di condivisione, di socialità in tutte le sue forme. Una socialità che sarà forzatamente assente a causa delle misure imposte in tutto il mondo per contrastare la diffusione del virus.
Ecco perché questo Ramadan sarà «una novità assoluta nella storia dell’islam», come conferma Adnane Mokrani, teologo musulmano docente al Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica e alla Pontificia Università Gregoriana. A porre le questioni più complesse, per la verità, non sarà tanto la preghiera, che «per l’islam rimane un rapporto individuale, intimo con Dio». Mokrani spiega infatti che «nella nostra fede non c’è il sacerdozio, la consacrazione e in questo si può dire che quella islamica è una religione laica. Anche la moschea stessa non è sacralizzata ma è uno spazio dove i credenti si incontrano: il musulmano può pregare ovunque, anche a casa con la famiglia». C’è però un aspetto «spirituale e psicologico. In questo momento di crisi percepiamo di più la nostra fragilità e abbiamo bisogno di conforto, serenità, speranza. Abbiamo tante incertezze sul futuro, sul lavoro, su come si potrà ripartire… questo mese sacro sarà dunque un momento di tregua, per sospendere l’angoscia e ritrovare la pace interiore».
Ad aver creato un forte dibattito, in queste settimane, in seno alla comunità islamica è stato invece il tema del digiuno: l’astinenza dal cibo e in particolare dall’acqua, ci si è chiesti, potrebbe incidere negativamente sulle protezioni immunitarie dei fedeli, esponendo maggiormente in particolare i più fragili all’infezione del Covid-19? «La conclusione – spiega il teologo di origini tunisine – è stata che solo un medico potrebbe valutare le condizioni di salute di ogni singolo fedele e che quindi la scelta se osservare o meno il digiuno resterà individuale, affidata alla coscienza del singolo. Non è stata emessa una fatwa in proposito, cioè un parere giuridico pubblico: ogni persona, tenendo conto del suo stato di salute, deciderà come agire».
Uno degli aspetti fondamentali del mese di Ramadan, tuttavia, è quello comunitario, che va dalla preghiera notturna collettiva (tipica del mondo sunnita) all’iftar – la rottura serale del digiuno – insieme ai parenti. Come sarà possibile non perdere del tutto questa dimensione? «Quest’anno dovremo concentrarci sulla condivisione con la famiglia ristretta», spiega Mokrani. «Anche la preghiera tipica del periodo di Ramadan può essere fatta a casa, persino in forma individuale o con il coniuge e i figli e naturalmente ha lo stesso valore: non è una questione numerica! E poi si può recitare e meditare il Corano».
La tecnologia, proprio come sta avvenendo nel mondo cristiano, potrà venire in soccorso: molte moschee metteranno a disposizione piattaforme dedicate per video-conferenze o materiali in streaming come alternativa alla secolare tradizione dei gruppi di studio noti come halaqah. «Senza dubbio le iniziative serali di Ramadan possono essere organizzate on line: conferenze pubbliche, incontri di riflessione su tematiche religiose ed etiche – anche a livello internazionale -, momenti di approfondimento interreligioso a partire da letture della Bibbia ebraica, del Nuovo Testamento e del Corano».
Soprattutto, secondo Adnane Mokrani, le circostanze attuali permetteranno di vivere in modo più intenso la dimensione della carità, dell’aiuto a chi è nel bisogno: altro pilastro fondamentale del mese sacro. «La crisi che stiamo vivendo, oltre a rappresentare un dramma dal punto di vista sanitario, sta gettando nella povertà tante famiglie vicine e lontane che si sono trovate senza un reddito sicuro: ecco perché siamo chiamati in modo particolare a vivere la solidarietà con chi soffre, a essere più attivi nel sociale, a condividere con i poveri. Varie moschee e associazioni islamiche in Italia già stanno raccogliendo aiuti che poi distribuiscono, grazie all’impegno di tanti giovani, a chi ha bisogno, naturalmente senza distinzioni confessionali: la solidarietà è interreligiosa e, anzi, va oltre la religione, per raggiungere ogni persona umana».
Proprio questo aspetto di comunanza umana, per il teologo, è l’insegnamento dell’attuale pandemia. «La nostra fragilità ci accomuna. C’è stato un momento storico in cui l’uomo credeva di essere onnipotente e di poter domare la natura… oggi un virus invisibile minaccia la nostra esistenza, il benessere e lo stile di vita a livello globale. Allo stesso tempo questa crisi mette a nudo le nostre debolezze e paure, i nostri egoismi e abbiamo sete di una fede autentica, spirituale, umanizzante e solidale, visto che qualsiasi divisione o egoismo possono aggravare l’emergenza». Siamo chiamati a «rinsaldare i valori di base come la fratellanza, la collaborazione e il servizio, perché l’unica risposta all’attuale tragedia è la solidarietà umana».