Nel clima da resa dei conti del dopo golpe in Turchia colpiti anche due luoghi cristiani: la chiesa di Santa Maria a Trabzon dove fu ucciso nel 2006 don Andrea Santoro e la chiesa protestante di Malatya, dove nel 2007 vennero sgozzati tre cristiani evangelici. Solo danni lievi alle strutture ma il segnale intimidatorio è evidente
Nel clima incandescente del dopo golpe in Turchia – fatto anche di intimidazioni contro le minoranze – nel mirino finisce di nuovo anche la chiesa di Santa Maria a Trabzon, la chiesa dove il 5 febbraio 2006 fu ucciso don Andrea Santoro. E insieme a lei un altro luogo tragicamente segnato dal sangue dei cristiani in questi anni in Anatolia: la chiesa protestante di Malatya, la città dove il 18 aprile 2007, tre cristiani evangelici – i turchi Necati Aydin e Ugur Yuksel e il tedesco Tilmann Geske – vennero legati e sgozzati nella sede della casa editrice Zirve, di cui erano collaboratori.
A dare notizia degli assalti è stato sul suo sito internet Sat7Turk, il canale turco di Sat7, network che rappresenta la voce più significativa dei cristiani in tutto il Medio Oriente. I due episodi si sarebbero verificati sabato sera, durante le manifestazioni a sostegno di Erdogan. Secondo quanto riferito dal sito a Malatya sono state scagliate pietre contro le finestre della chiesa, mandandole in fratumi. A Trabzon – invece – dove le manifestazioni in favore dell’Akp sono state particolarmente imponenti, una decina di persone si sarebbero dirette verso la chiesa che fu di don Santoro cercando di forzarne l’ingresso. Non sarebbero però riuscite ad entrare grazie ad alcuni vicini (musulmani) che avrebbero lanciato l’allarme.
In entrambi i casi si è trattato solo di danni lievi a edifici in quel momento vuoti. Ma il carattere intimidatorio è lo stesso evidente; sia per il significato dei due luoghi sia per il fatto che non si tratta di episodi isolati. Per esempio anche nelle zone abitate dagli aleviti – minoranza molto significativa in Turchia – nelle ultime ore sono state segnalate violenze commesse dalla folla scesa in piazza a sostegno del presidente Erdogan.
Va anche aggiunto che proprio nelle ultime settimane era già giunto un nuovo segnale preoccupante proprio in relazione alla strage di Malatya: come raccontava l’agenzia Fides in questo articolo anche l’ultimo accusato detenuto per l’eccidio era stato rimesso in libertà, mentre il processo continua ad allungarsi all’infinito. E si intreccia proprio con lo scontro già in corso da tempo tra Erdogan e l’Hizmat, il movimento di Fetullah Gulen, oggi accusato apertamente dal presidente come mandante del golpe: alcune testimonianze puntano ad avvalorare la tesi secondo cui il processo per la strage dei cristiani a Malatya fosse stato manipolato da ambienti vicini a Fetullah Gulen, che avrebbero voluto utilizzarlo per far condannare i propri oppositori.
In questo scenario preoccupante oggi qualcuno in Turchia pare sentirsi nuovamente legittimato a mettere nel mirino i cristiani. O almeno a far loro avvertire che sono comunque nel mirino.