È iniziata l’annunciata campagna militare per strappare all’Isis la seconda città irachena da dove al Baghdadi proclamò il Califfato. Ma c’è preoccupazione per le divisioni settarie che potrebbero segnarne il futuro. L’appello del patriarca caldeo: «Si ponga l’interesse degli iracheni al di sopra e prima di qualunque altra cosa»
Da alcune ore in Iraq è cominciata l’offensiva per la riconquista di Mosul, la seconda città del Paese, dall’estate 2014 nelle mani dell’Isis (proprio da qui al Baghdadi proclamò la nascita del sedicente Califfato). La campagna militare è condotta dall’esercito iracheno e dai peshmerga curdi, con il sostegno della coalizione internazionale a guida americana. Ma è un’azione accompagnata anche da gravi preoccupazioni: da una parte per via della presenza in città di centinaia di migliaia di civili, ostaggio dei jihadisti; dall’altra anche per le divisioni interne sul futuro dell’Iraq, che rischiano di condizionare pesantemente l’esito della liberazione, prolungando ulteriormente la lunghissima agonia dell’Iraq. In questo senso vi sono grossi punti di domanda sul ruolo che giocheranno le milizie sciite e – sul versante opposto – quelle turcomanne addestrate da Ankara, che preme per avere un ruolo come garante dei sunniti che storicamente costituiscono il gruppo ampiamente maggioritario nella popolazione della città.
Alla luce di tutte queste preoccupazioni già qualche giorno fa il patriarca caldeo Luis Raphael Sako – che più volte in questi anni aveva sollecitato un intervento che liberi Mosul dalla barbarie dell’Isis – ha lanciato un appello chiedendo che questa operazione militare da tempo annunciata sia realmente l’inizio di una pagina nuova per l’Iraq, superando le divisioni settarie che hanno già creato danni gravissimi al Paese, perpetuando la guerra e le violenze. Qui sotto una nostra traduzione di alcuni passaggi dell’appello del patriarca Sako, importanti per capire la posta in gioco anche oltre la sconfitta dell’Isis:
«Credo fermamente che noi iracheni siamo un’unica famiglia, nonostante le diverse appartenenze. La situazione presente esige da tutti gli abitanti di Mosul, come pure da tutti gli iracheni, l’assunzione di una precisa responsabilità storica, nazionale e morale nel costruire relazioni equilibrate sia all’interno del Paese sia fuori; evitando le accuse e le denigrazioni; mettendo fine alle dispute; andando oltre gli interessi propri e della propria fazione; e ponendo l’interesse degli iracheni al di sopra e prima di qualunque altra cosa. Questo ci renderà capaci di tracciare il percorso concreto per una vera riconcilizione, per l’amore, la pace e la liberazione di tutti i territori occupati. Così, come iracheni, potremo ritrovare fiducia e speranza in una rapida soluzione al nostro rompicapo che dura ormai da troppo tempo, con il ristabilimento di una democrazia autentica, che rispetti ciascuno in una maniera pacifica e civile. È l’unica strada per una vera rinascita».
«Faccio anche appello alla comunità internazionale perché compia passi concreti per ridare all’Iraq e alla regione pace e sicurezza. Un successo del genere sarebbe un premio per ciascuno e per l’intera comunità internazionale. Infine – conclude Sako – la mia preghiera: che il Signore ci protegga, accorci le nostre sofferenze, preservi la purezza della nostra umanità e vegli sull’unità della nostra mata nazione».