Dopo la presa di Damasco da parte della milizie di Hay’at Tahrir al-Sham, la testimonianza ad AsiaNews di padre Bahjat Karakach, parroco di Aleppo: «I cristiani sono cittadini che hanno diritti e doveri uguali a tutti. Ora occorre aiutare i siriani al dialogo e e creare una nuova Costituzione che rispetti tutti».
AsiaNews – «I cristiani sono, come tutti i siriani, ormai sfiniti dalla situazione che vivono da molti anni sotto il regime. Ormai non vi è sviluppo, l’economia ristagna, e si sopravvive davvero con moltissima difficoltà». È quanto racconta in una testimonianza ad AsiaNews padre Bahjat Karakach, parroco della chiesa di san Francesco d’Assisi ad Aleppo, sottolineando le profonde difficoltà attraversate dal Paese che hanno portato alla caduta – e alla fuga a Mosca con la famiglia – del presidente Bashar al-Assad. Una realtà drammatica, che porta anche i cristiani e le minoranze ad auspicare che questo cambiamento repentino e per molti versi inaspettato «sblocchi la situazione politica» e che «tutta la comunità internazionale faccia la sua parte».
In meno di due settimane le milizie di Hay’at Tahrir al-Sham (Hts), un tempo affiliate al fronte di al-Nusra (ex al-Qaeda), hanno rovesciato il regime di Assad, che era riuscito – grazie al sostegno di Russia e Iran – a restare al potere nonostante i 14 anni di guerra civile. Il leader Hts Abu Mohammed al-Jawlani ha parlato ai sostenitori nella storica moschea degli Omayyadi a Damasco, mentre le vie della capitale restano per molte ore deserte – vige il coprifuoco – e molti non nascondono di timori per il futuro dopo una caduta tanto rapida quanto inaspettata.
Oggi il Consiglio di sicurezza Onu ha in programma una sessione di emergenza sulla Siria, dietro richiesta di Mosca. Alla comunità internazionale, e all’Occidente, guarda anche il nunzio apostolico a Damasco, il cardinale Mario Zenari, che invoca l’abolizione delle sanzioni «perché sono un peso che grava molto soprattutto sulla povera gente». Intervistato dai media vaticani, il porporato ha poi auspicato che «quelli che hanno preso potere mantengano la promessa di rispettare e di creare una nuova Siria su basi democratiche».
Infine, in una lettera ai confratelli, i gesuiti in Siria (sono presenti a Damasco, Homs e Aleppo) dicono di star bene e invitano alla preghiera «per questa nuova fase che inizia con le sue incognite, le sue preoccupazioni e anche le sue speranze». Con la speranza, concludono, di archiviare «14 anni di guerra feroce e indiscriminata, distruzione di massa, centinaia di migliaia di morti, milioni di sfollati, rifugiati ed espatriati, un’economia sull’orlo dell’abisso».
Di seguito la testimonianza del parroco di Aleppo, di padre Bahjat Karakach, parroco di san Francesco d’Assisi ad Aleppo
[Ieri] ci siamo svegliati con la notizia che era caduto il regime di Bashar al-Assad. Dalla mattina vi è un clima di festa in tutte le città siriane, non si fermano le macchine per le strade, i canti di gioia e tutte le espressioni possibili di gioia.Le forze dell’opposizione sono entrate nelle città siriane e hanno liberato i prigionieri politici. Per questo vi è quindi un grande clima di speranza nel Paese.
Molti mi chiedono che fine faranno i cristiani, dato che il regime di Assad era noto per proteggere le minoranze. A dire la verità la comunità cristiana, così come molti siriani in tutti questi anni di guerra e di regime sanguinario, è diminuita in modo drastico. Ecco perché oggi davvero i cristiani hanno grande speranza di tornare nel loro Paese per essere parte integrante nella costruzione del futuro della Siria.
Ovviamente le forze dell’opposizione e il governo che si andrà a formare dovranno dare conferme concrete di tutte le rassicurazioni fornite in merito al fatto che i cristiani, come tutte le altre minoranze in Siria, saranno trattate in modo eguale a tutti i cittadini.
Quindi i giorni a venire serviranno a valutare la veridicità di queste rassicurazioni. È chiaro che poi noi, come cristiani, dalla nostra parte non vogliamo essere trattati come minoranza, ma come cittadini che hanno diritti e doveri uguali a tutti gli altri.
I cristiani, Assad e la nuova Siria
Molti mi chiedono come mai i cristiani gioiscono per questo rovesciamento del regime e del sopravvento di forze armate estremiste. In realtà ci sarebbe molto da dire su questo, ma mi limito ad una semplice osservazione: anzitutto i cristiani sono, come tutti i siriani, ormai sfiniti e molto stanchi dalla situazione che vivono da molti anni sotto il regime. Ormai non vi è sviluppo, l’economia ristagna, e si sopravvive davvero con moltissima difficoltà.
Dall’altra parte questi gruppi negli ultimi due o tre anni nella provincia di Idlib hanno mostrato una tolleranza riguardo ai cristiani e hanno cominciato a restituire i beni confiscati in precedenza alla comunità. Quindi possiamo dire che vi sia stata una svolta, anche nel loro modo di approcciarsi ai cristiani. Poi, da quando sono entrati ad Aleppo e hanno cominciato ad avanzare verso il sud, essi stanno mandando di continuo messaggi molto forti di tolleranza rispetto a tutte le minoranze, tra cui anche i cristiani.
Quindi tutto questo approccio è stato in parte rassicurante. E anche il fatto che il capo militare di Hay’at Tahrir al-Sham (Hts) non abbia voluto lui guidare il Paese, ma abbia lasciato il primo ministro precedente e il governo precedente continuare il loro lavoro, questo significa che vi è una seria volontà di non stravolgere il Paese. E di non indirizzarlo verso una mentalità estremista. Lui stesso, questo capo, ha dichiarato che il loro movimento è solo una parte di un progetto più grande, quindi non sono un fine per se stessi ma uno strumento di cambiamento.
Ecco, noi speriamo che quanto successo sblocchi la situazione politica in Siria, e ormai tutta la comunità internazionale faccia la sua parte per stabilizzare il Paese, aiutare i siriani al dialogo e trovare e creare una nuova Costituzione che rispetti tutti i siriani. Questa è la nostra speranza, che andrà ovviamente valutata alla prova dei fatti.