Un rapporto del Transnational Institute rivela che i principali beneficiari dei contratti per la sicurezza dei confini sono gli stessi produttori e venditori di armamenti ai paesi del Medio Oriente e del Nord Africa.
«Mentre il popolo soffre, incredibili quantità di denaro vengono spese per fornire le armi ai combattenti. E alcuni dei Paesi fornitori di queste armi, sono anche fra quelli che parlano di pace. Come si può credere a chi con la mano destra ti accarezza e con la sinistra ti colpisce?». Lo ha detto oggi Papa Francesco in un videomessaggio sulla guerra in Siria.
A rivelare un “doppio gioco” che riguarda la vendita delle armi e la sicurezza è un rapporto appena uscito del Transnational Institute di Amsterdam, Border Wars, che mette in evidenza come i produttori che controllano il “business” della sicurezza dei confini in Europa siano gli stessi produttori e venditori di armamenti ai paesi del Medio Oriente e del Nord Africa. Armamenti che stanno alimentando i conflitti dai quali fuggono i rifugiati. In sintesi, le aziende che infiammano la crisi sono le stesse che ne traggono i maggiori profitti.
«C’è un gruppo di interesse che sta beneficiando della crisi dei rifugiati ed in particolare degli investimenti dell’Unione europea per “proteggere” i confini. Sono le aziende del settore militare e della sicurezza che forniscono sistemi e attrezzature alle guardie di frontiera, tecnologie di sorveglianza per controllare le frontiere e infrastrutture informatiche per monitorare i movimenti delle popolazioni» denuncia il Transnational Institute, che nel rapporto rivela i protagonisti e i servizi di questa “industria della sicurezza”, le dinamiche con cui influenzano e beneficiano delle politiche europee e i finanziamenti che stanno ricevendo dei contribuenti.
In Europa il mercato della sicurezza delle frontiere è in piena espansione. Stimato in circa 15 miliardi di euro nel 2015, si prevede che per il 2022 supererà annualmente i 29 milioni di euro. Solo il bilancio di Frontex, la principale agenzia di controllo delle frontiere dell’UE, tra il 2005 e il 2016 è aumentato del 3688% (da 6,3 milioni a 238,7 milioni di euro).
Anche l’esportazione di armamenti, in particolare le vendite al Medio Oriente e al Nord-Africa da dove la maggior parte dei rifugiati fugge, è in piena espansione. Le esportazioni di sistemi militari verso il Medio Oriente è aumentato del 61 per cento tra il 2006-10 e il 2011-15. Tra il 2005 e il 2014, gli Stati membri dell’UE hanno concesso licenze per esportazioni di sistemi militari verso il Medio Oriente e Nord Africa per un valore di oltre 82 miliardi di euro.
Il rapporto mette in evidenza che i big player della sicurezza dei confini dell’Europa sono aziende produttrici di sistemi militari come Airbus, Finmeccanica, Thales e Safran, e il gigante delle tecnologie Indra. Finmeccanica e Airbus sono stati i vincitori di contratti dell’UE particolarmente importanti volti a rafforzare i controlli delle frontiere. Airbus è anche il vincitore dei maggiori contratti di finanziamento dell’UE della ricerca nel settore della sicurezza. Finmecannica, Thales e Airbus, protagonisti nel settore della sicurezza dell’UE, sono anche tre dei primi quattro produttori ed esportatori di sistemi militari europei e sono fornitori di sistemi militari ai paesi del Medio Oriente e del Nord Africa. I loro ricavi totali nel 2015 sono stati pari a 95 miliardi di euro.
Queste aziende non sono beneficiari passivi di un problema di sicurezza delle frontiere che affligge l’Europa. «L’industria degli armamenti e della sicurezza ha contribuito a definire la politica europea di sicurezza delle frontiere con attività di lobby e per mezzo delle abituali interazioni con le istituzioni europee per le frontiere e anche delineando le politica per la ricerca» denuncia il Transnational Institute. «L’Organizzazione europea per la Sicurezza (EOS), che comprende Thales, Finmecannica e Airbus, ha fatto pressioni per una maggiore sicurezza delle frontiere. Inoltre, molte delle sue proposte, come ad esempio la spinta ad istituire un’agenzia europea per la sicurezza delle frontiere, sono diventate politiche europee: è il caso, ad esempio, della trasformazione di Frontex in “Guardia costiera e di frontiera europea” (European Border and Coast Guard – EBCG)». L’industria degli armamenti e della sicurezza ha ottenuto anche gran parte dei finanziamenti di 316 milioni di euro forniti dall’UE per la ricerca in materia di sicurezza, contribuendo a definire l’agenda per la ricerca e la sua realizzazione e, di conseguenza, beneficiando spesso dei contratti che ne derivano. Il rapporto rileva che dal 2002, l’UE ha finanziato 56 progetti nel campo della sicurezza e del controllo delle frontiere.