Il testo della dura presa di posizione del cardinale arcivescovo di Chicago sugli effetti dell’Executive Order contro i rifugiati provenienti dai Paesi musulmani. «Un provvedimento contrario tanto ai valori cattolici quanto a quelli americani». E ricorda le parole di papa Francesco al Congresso: «La misura che usiamo per gli altri sarà la misura che il tempo userà per noi»
L’America è scossa in queste ore dall’Executive Order firmato venerdì sera dal presidente Trump che ha chiuso immediatamente le porte degli Stati Uniti a tutti i cittadini provenienti da sette Paesi a maggioranza musulmana, anche nel caso che si tratti di persone già in possesso di un permesso di soggiorno negli Usa. Come le cronache stanno raccontando molti di loro l’hanno appreso negli aeroporti, dove sono rimasti per ore in detenzione senza conoscere la propria sorte. Su questa vicenda è intervenuto stasera con un presa di posizione molto forte l’arcivescovo di Chicago, il cardinale Blaise Cupich. Proponiamo sui sotto una nostra traduzione italiana del testo della sua nota.
Questo fine settimana si è rivelato un momento oscuro nella storia degli Stati Uniti. L’ordine esecutivo per respingere i rifugiati e chiudere le porte della nostra nazione a quanti, in modo particolare musulmani, fuggono dalla violenza, dall’oppressione e dalla persecuzione è contrario tanto ai valori cattolici quanto a quelli americani. Non abbiamo forse ripetuto le disastrose decisioni di quanti nel passato hanno respinto altri popoli in fuga dalla violenza, lasciando certe etnie e religioni emarginate ed escluse? Noi cattolici conosciamo bene questa storia perché, come altri, siamo stati dall’altra parte della barricata per queste decisioni.
Queste azioni impongono uno stop indiscriminato e immediato ai migranti e ai rifugiati di diversi Paesi, gente che sta soffrendo e scappando per mettere in salvo le proprie vite. La predisposizione e l’applicazione di queste azioni è stata affrettata, caotica, crudele e incurante delle realtà che produrrebbero una sicurezza duratura per gli Stati Uniti. Gente in possesso di visti validi e altri documenti appropriati è stata lasciata per ore in stato di detenzione nei nostri aeroporti, hanno rimandato indietro gente nei posti da dove stavano fuggendo o non li hanno autorizzati a salire a bordo di aeroplani diretti qui. Solo a notte fonda un giudice federale è intervenuto per sospendere questa azione ingiusta.
C’è stato detto che non si tratta della “messa al bando dei musulmani” che era stata proposta durante la campagna presidenziale, ma è un fatto che queste azioni sono focalizzate su Paesi a maggioranza musulmana. Fanno un’eccezione per i cristiani e le minoranze non musulmane, ma non per quei profughi musulmani che scappano per mettere in salvo le proprie vite. Ironia della sorte, questa messa al bando non include il Paese d’origine di 15 dei 19 attentatori dell’11 settembre. Ivece cittadini dell’Iraq, compresi quelli che hanno prestato aiuto ai nostri militari in una guerra distruttiva, sono esclusi dai nostri confini.
Gli Stati Uniti hanno una lunga storia di accoglienza ai rifugiati che fuggono per salvare le proprie vite e le organizzazioni cattoliche hanno aiutato a reinserirsi molte famiglie, uomini, donne e bambini da tutto il mondo. Molti dei nostri preti, religiosi e laici hanno accompagnato questi nuovi arrivati per aiutarli in questo processo. Proprio per questa storia di aiuto nell’inserimento dei rifugiati e dei migranti che dura da decenni, sappiamo quanto sono lunghi e accurati i controlli che devono superare prima di essere ammessi nel nostro Paese. E nelle comunità locali abbiamo visto la paura iniziale trasformarsi in una generosa volontà di accogliere e integrare i rifugiati. Qui a Chicago generazioni di migranti hanno trovato una nuova casa. E ci hanno resi migliori.
Il mondo ci sta guardando mentre abbandoniamo il nostro impegno di fedeltà ai valori dell’America. Queste azioni aiutano e rafforzano quanti vorrebbero distruggere il nostro stile di vita. Fanno diminuire la nostra stima agli occhi dei molti popoli che vogliono riconoscere nell’America il Paese che difende i diritti umani e la libertà religiosa, non una nazione che mette nel mirino dei gruppi religiosi e poi chiude loro le sue porte.
È tempo di mettere da parte la paura a unirsi per ritrovare chi siamo e che cosa rappresentiamo in un mondo che ha tanto bisogno di speranza e di solidarietà. «Se vogliamo sicurezza, diamo sicurezza; se vogliamo vita, diamo vita; se vogliamo opportunità, provvediamo opportunità». Papa Francesco pronunciò queste parole impegnative davanti al Congresso nel 2015, e le fece seguire da un ammonimento che dovrebbe sferzarci nel momento in cui dobbiamo fare i conti con gli eventi di questo fine settimana: «La misura che usiamo per gli altri sarà la misura che il tempo userà per noi».
cardinale Blaise Cupich, arcivescovo di Chicago